Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
RISTAURO
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che ajuti alla tenacità; pari pressione per non meno d'una settimana, avuto il riguardo di porvi tra la tela ed il peso il suo strato di sabbia; in ultimo con bagno d'acqua tiepida si toglie la tela cbe ha servito al trasporto. Spesse volte le antiche tele hanno degli squarci e dei buchi, dove assolutamente manca il colore ; sta al ristauratore di aggiungerlo, tenendo tuttavia a calcolo l'abbassamento naturale di tono che farà la tinta da lui aggiunta. Ove poi fosse su tela, quantunque logora e guasta, nod*l necessario di cambiarla, ma lo spe-diente migliore è di rimettere una tela nuova sulla tela antica per di dietro del quadro, appiccandola con colla di fior di farina, sottoponendola a pressione uguale per mezzo d'uno strato di sabbia e lasciandola quivi asciugare prima di affiggerla al telajo. Questa assicura la conservazione al quadro, non l'espone al pericolo di guastarsi, come avviene nel distacco, e su di essa, ove sianvi dei guasti, si può benissimo operare, stuccando (con una composizione di creta bianca, di biacca, un po' d'olio cotto, e con vernice da quadri) i buchi dove vi sono mancanze di colore, a fine di render piana la superficie. Guardisi il ristauratore dal toccar coi suoi pennelli quello che non ha visibilmente e grandemente sofferto; i ritocchi e le velature ch'egli farà, indi a poco ricompariranno con suo disdoro, ed il quadro invece di acquistare, scemerà grandemente di pregio. Guai s'egli vuol rifiorire una pittura, le cui tinte o per effetto della luce o per mala combinazione primitiva de' colori siansi offuscate ; il quadro è rovinato (V. Rifiorire [B. A]); e la posterità lo chiamerà vii guastamestieri e sozzo imbrattatore degli antichi. Al pensar quanti quadri l'Italia ha perduti per colpa d'inetti o di arrischiosi ri-stauratori, una voce di dolore e di sdegno erompe spontanea dal nostro petto e quasi quasi ci fa desiderare che mai non vi fossero stati ristauratori, tanto piccolo ò il numero di coloro che pongono con riserbo e con pudore le mani sulle opere che onorano l'ingegno italiano! Ai grandi artefici sempre gioverebbe affidare il ristauro delle egregie opere; questi soli sono atti ad emendare i guasti, e porvi conveniente riparo. E tanto più che in questi tempi il progresso della chimica aprì nuove e più larghe vie, dove, illuminati dalla scienza possono più celeremente toccar la meta e conseguire l'intento. Milano, Roma, Firenze, Venezia e parecchie altre città d'Italia contengono nelle pubbliche e private pinacoteche varii saggi di trasporti di pitture ad olio da tela a tela, o da tavola a tela felicemente riusciti. Quasi ogni quadro in esse contenuto fu ristaurato; e su mille non ve ne sono dieci che o dai ristauratori antichi o dai moderni non siano stati in alcun verso maltrattati. Antica è quest'arte in Italia; ed appena che il genio inventivo cominciò a venir meno, quello dal conser vare le cose esistenti dovette naturalmente succedere. L'intemperie delle stagioui, l'incuria degli uomini e le politiche vicende, che inspirano altre sollecitudini cbe non quelle pe' quadri, avendo molti di essi danneggiati, vi fu chi subito prese a ri-staurarli. Cogl'ltaliani gareggiarono i Francesi, ed essi ascrivonsi varii ritrovati e perfezionamenti introdotti: ma il tessere la storia dell'arte del ristau-
rare sarebbe per noi cosa troppo dolorosa, dovendo ad ogni momento lamentare una perdita o biasimare una pratica, e d'altronde anche lontana alquanto dai ristretti confini dell'opera presente: perciò passeremo oltre, avvertendo soltanto cbe, malgrado i danni cagionati dai ristauratori poco abili od arrischiati, noi tuttavia unicamente ai ri-stauri bene e conscienziosamente eseguiti dobbiamo la conservazione di molti capolavori che si sarebbero perduti.
Le pitture condotte a tempera di rado si possono pel ristauro considerare come quelle ad olio; perchè, ove debbansi trasportare, sempre difficile e talvolta impossibile ne riesce l'operazione, come quelle che soffrono danno dall'umido nel distacco e nel nuovo attaccamento. Ond'è che il più delle volte, se veramente sono cose ottime, è meglio procurare di conservarle rimovendole da ciò che le può danneggiare, che non cercare di ristaurarle. Il simile pure si deve dire di quelle in miniatura, a guazzo e ad acquarello. Il ristauro non si può eseguire in esse che per aggiunta; è difficilissimo che un'aggiunta qualunque sia ben fatta; e comunque sia egregiamente eseguita, non resta mai più cosa originale e di pregio. Se non si tratta di cose ottime e d'autore esimio, col metodo stesso con cui l'opera fu condotta si può ristaurare, purché si abbia attenzione di non alterare nè le liuee nè le tinte. Nella miniatura sull'avorio spesso avviene che una tinta intera cangi di tono; che, per esempio, i capelli che erano bruni o castagni divengano verdi; che le tinte rosee del volto e delle mani sconipajano affatto, e più non vi si veggano che le tinte azzurre ; che un panno rossastro diventi grigio. Quest'alterazione avviene sempre per combinazioni chimiche di colori che si corrodono; e può essere prodotta o dai colori stessi di natura da non potere star vicini, o dall'avorio cui aderiscono, o da cause esterne, come dall'essere posti in una camera di fresca muratura, o dove siavi cloruro di calce, cloro od altre simili sostanze che esalino liberamente. Se l'alterazione è prodotta dall'avorio sulle tinte di carne, è difficile rimediare; perchè ponendovi altre tinte vegetali, quali convengono alle carnagioni, s'altererebbero di nuovo. Se è prodotta da cause esterne, allora, rimossa la cagione, si restituisce il colore che svanì, avvertendo che non faccia dissonanza, e che per torre via questa non s'abbiano a rifiorir le tinte vicine. Ma queste saranno sempre rappezzature, come rappezzature tutte le ristaurazioni che s'eseguiscono sui pastelli e sui cartoni, fuori de) tòr loro dilicatamente la polvere, e del cangiare o del nettare la carta o o l'assicella cui aderiscono, qualora li danneggiasse.
Ristauro della scultura. — Le antiche statue giunsero fino a noi mutilate per la massima parte. Nella decadenza dell'Impero romano, esse caddero in un cogli edifizi cui appartenevano, o furono sepolte dai terremoti, dalle inondazioni o dai vulcani: ovvero furono gittate giù dai loro piedestalli dai cristiani, quasi oggetti di profanazione, o atterrate dai barbari. Parecchie negli Beavi furono fatte a pezzi per l'imperizia, o perchè non si conosceva il loro valore ; ond'è che, ad eccezione di pochissime, sono quasi tutte mancanti quale d'una
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