Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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ROHAN (CASA DI)
d&meoti locali, a cai pajooo dovute le cavità dei laghi di Albano e di Nemi e di altri laghi ora asciutti, come pure dei grandissimi di Bracciano e di Bolsena ed altri del Viterbese. Ultimi fra i prodotti di questo grande vulcano appHjono i peperini, che sono gli stessi detriti vulcanici ma impastati e induriti in solidi banchi ed in modo da fornire una pietra da taglio di color b'gio o verde scuro assai consistente ed usata, tanto dagli antichi che dai moderni, anche nelle parti ornamentali degli edi-fizi. La formazione dei peperini sarebbe, a parere del professore Ponzi, dovuta ad eruzioni fangose, ovvero a grandi rovesci di acque, quali ne accadono nei temporali elettrici che sovente si producono intorno ai vulcani durante le furiose eruzioni e formano con le materie detritiche correnti fan gose, capaci anch'efrae di cagionar grandi disastri, come il provarono Pompei e Resina. I peperini tro-vansi sovrattutto copiosi sulle pendici del lago di Albano, dove ne esistono ora le cave più numerose. Curiosa scoperta dei moderni naturalisti, specialmente del De-Rossi, fn quella di. selci lavorate sotto ai lapilli di questo vulcano, e sovrathitto di vasi in terra cotta assai ben lavorati, anzi con tracce di arte etrusoa, sepolti sotto a banchi del descritto peperino. L'uomo dell'età litica, ed anzi l'antico latino, furono adunque testimonii delle antiche eruzioni di questo vulcano, pel tempo della sua maggiore intensità.
Lo studio delle alluvioni quaternarie, specialmente avanzato neeli ultimi tempi per opera dei naturalisti Ponzi, Mantovani, De-Rossi, Vernenil ed altri, condqsse a rÌRultamenti non meno importanti. La vallata del Tevere sopra e sotto Roma è un gran solco, largo da parecchie centina ja di metri sino a 3 chilom. circa, scavato da un'antica poderosa corrente nei tufi vulcanici. I fianchi del solco sono qua e là ricoperti da grandi addossamenti alluviali formati da sabbie e da ghiaje di varia grossezza e natura, così calcarea come vulcanica. le quali hanno una mirabile stratificazione, irregolare e fluviatile, deposta da cotesta corrente sino ad altezza notevole, e che in taluni siti è 30 metri sul livello presente del Tevere. Il quale, molto ridotto di potenza, corre oggi nel fondo di quella valle di erosione con giro tortuoso fra i moderni e sottili suoi depositi. La presenza di quelle correnti nella campagna romana, ad un livello assai superiore al presente del Tevere e suoi affluenti, è rivelata non solo da quei depositi torrentizi, ma eziandio da copiosi depositi calcarei, detti ora travertini, che a guisa d'incrostazioni ricoprono in diversi punti i fianchi dell'antica vallata del Tevere insieme coi depositi alluviali sino a 30 metri circa sul livello presente. Si vedono essi molto ben distinti sui monti Parioli, fuori porta del Popolo ed in varii altri punti preBsola confluenza dell'Amene. Copiosissimi poi si vedono lungo tutte le sponde dell'Aniene medesimo e sotto Tivoli, specialmente dove, sulla sponda destra, formano un vasto deposito a strati orizzontali, che si estende per diversi chilometri sino al piede dei monti Cornicolani. Simili depositi calcarei esistono ancora al Moute Le-pini, alla Sgurgola nella valle del Sacco ed in altri punti dei dintorni. Debbono essi la loro origine adepositi di acque molto calcarifere, come in generale sono quelle che scendono dalla valle tiburtina e dai monti Sabini. Si producevano poi di preferenza tali depositi nei siti di ristagno o lagune, che qua e là esistevano, come deve essere avvenuto sotto Tivoli. Forse anche sorgenti locali vi recavano il loro tributo. Eziaudio in questi depositi calcarei ritrovausi, insieme alle vestigia umane, i resti di antichi mammiferi e pachidermi ora scomparsi da quella regione. U travertino opportunamente scelto costituisce un buono, se non bellissimo materiale di costruzione, che gli antichi adoperarono nei loro grandi uiouumeuti, ed i moderni usano tuttavia. La massima parte estraevasi, come anche oggidì, dalle cave sotto Tivoli, onde il nome di lapis tiburtiuus, italianamente detti» travertino.
Ultime manifestazioni geologiche dell'epoca quaternaria, oltre alle eruzioni del vulcano laziale, che si prolungarono sino all'epoca storica di Roma, furono certe oscillazioni del suolo, e specialmeute il sollevamento della costa marina in parecchi punti da Civitavecchia a Palo, ove veunero a secco depositi mariui e sabbie ferruginose di recente origine; e lo ste880 dev'essere avvenuto sul littorale dal Capo d'Anzio al Moute Circeo, coutrihueudo forse non poco a formare la gran conca acquitrinosa che oggi costituisce la palude pontina. Abbassatesi poi col decorrere di quell'epoca quaternaria le correnti diluviali che scendevano dall'Appennino, e ridotti i fiumi presso a poco allo stato presente, la campagna romana diveniva abitabile, e i soli cambiamenti notevoli avvenuti di poi in queste regioni furono i tumuli o dune sabbiose elevate dai flutti marini lungo l'antica spiaggia, ed il protendersi del delta tiberino con crescente imbarazzo degli scoli delle acque e della navigazione. Alla fine del sollevamento geologico post-pliocenico, cbe diede alla campagna ed alla costa romana l'odierna sua disposizione, la foce del Tevere doveva trovarsi presso Ponte Galera, dove appuuto si apre verso il mare la sua antica valle di erosione. Al tempo del re Anco Marzio, 2500 anni sono, la foce era , ad Ostia, allora porto di Roma, cioò 6 chilometri più avanti. Sotto Claudio, 680 anni dopo, era già inutile, onde fu tagliato, a quanto pare, il ramo di Fiumicino, e costrutti successivamente su questo i due porti di Claudio e poi il nuovo esagonale di Trajatio. Oggidì, dopo altri 1700 anni, tali porti sono a più di 3 chilom. dal mare, e la foce principale del fiume dista già 13 chilom. da Ponte Galera, ed avanza sempre di circa 3 metri all'anno.
Molti stagni poi andarono colmandosi o perdendo profondità, e per le torbide che vi posavano, e per le erbe acquatiche che vi si convertivano in torba, come nelle paludi ostiensi e pontine. In molte valli poi continuarono, come tuttora continuano, i depositi dei travertini, producendo notevoli variazioni nella forma degli alvei, come, per esempio, chiaramente si vede alle famose cascate di Tivoli. Le manifestazioni vulcaniche sono ora scomparse, ma restano indizi della loro azione sorgenti solforose ed acidule a Tivoli, Vicovaro, Civitavecchia e altrove. Quanto al suolo proprio di Roma, al cessare delle graudi acque, rimase allo scoperto e presso a poco con le forme che vedonsi oggidì; e soltanto
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