Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
ROMA
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gs^lip DM00SSBSFfg. 5726. — Cappella Sistina.
coloro che riferivano la vera e reale iondazione di Roma ad un periodo assai più tardo. La tradizione di questo stabilimento è interessante per il topografo, dicendosi che i nomi di alcuni luoghi in Ruma sieno derivati da circostanze col medesimo collegate. Pretende che il Palazzo ( Palatium) o colle Palatino sia stato esso pure denominato dall'arcadica città di Pallauzo (Pallantium), sendosi dileguati l'n ed uno degli l nel volgere dei tempi ; sebbene altri ne abbiano dedotto il nome in diversi modi, e specialmente da Palla, nipote d'Evandro dal lato della sua figlia Dina e di Ercole (Paus., vili, 43 ; Dionys., i, 32). Cosi pure la porta Carmen-tale (Porta Carmentalis) della città di Servio Tulio aveva tratto il suo nome da uu altare vicino di Car-mente o Carmenta, madre di Evandro ; ed all'una ed all'altro furono resi divini onori in Roma fino agli ultimi tempi del paganesimo; prova non dubbia della radicata credenza nel popolo cbe la città avesse avuto per fondatore Evandro; e Livio e Tacito uon esitarono punto ad affermare che le lettere e le arti della civiltà fossero state introdotte per la prima volta da lui fra i Romani (Liv., i, 7; Tac., Ann., xi, 14; Plut., Q. R., 56; Virg., JEn., vii, 338; Dionys., I. c.). La fondazione di Roma per opera di Enea o di uno de' suoi immediati discendenti era la teoria prediletta degli autori greci, i quali consideravano talfiata i soli Trojani quali fondatori della città, e tal altra i medesimi uuiti cogli Aborigini. Venivano, ciò non ostante, sostituiti di tratto in tratto ai Trojani i Greci, e quindi l'origine di Roma fu attribuita ad un figlio di Ulisse e di Circe; anzi in un caso particolare Enea viene rappreseutato come veniente iu Italia in compagnia di Ulisse. Nè i soli Greci furono di questo pa-
rere, avendolo poi accettato alcuni fra i più illustri latini, per esempio, Sallustio (GVitf., 6) e Properzio (iv, 1). Uua delle forme più prevalenti di cotesta tradizione ci rappresenta una matrona od una schiava, chiamata Romè nell'atto di bruciare le navi dei Trojani sbarcati a terra, i quali furono così costretti a rimanervi; e quando la loro colonia diventò fiorente città, le imposero il nome della donna ch'era stata la causa della sua fondazione. Finalmente l'origine di Roma attribuita a Romolo fu l'opinione predominante fra i Romani, anzi una tradizione veramente nazionale; e gli è quindi probabilissimo che fu dessa indigena, servendo molti de' suoi incidenti a spiegare i riti e le istituzioni romane, per esempio il culto di Vesta, i Lupercali (Lupercalia), i Larentali (Larentalia), i Lemuri (Lemuria), i Fratelli Arvali, ecc., di cui si parlò sotto i rispettivi articoli (vedi Lewis, Inquiry info the credibility of the earlg Roman Ri story, voi. i, p. 409; Niebuhr, History of Rome, voi. i, p. 214; Dionys. Halic., ì, c. 72-74; Plut., Rom.> i, 2; Servius, ad Virg. JEn., i, 273; Festus, s. v. Roma). Apparteneva cotesta leggenda alla più remota antichità fra i Romani , sebbene fosse sotto questo aspetto inferiore ad alcune narrazioni greche. Fu ricordata nella presente sua forma da Fabio Pittore, uno dei più antichi annalisti romani, e fu adottata da altri archeologi e storici antichi (Dionys., i, 79): anzi dalla testimonianza di Livio si può argomentare che prevalse la medesima in età ancora più lontana, affermando egli che fino dal 296 av. C. era stata eretta dagli edili curuli una effigie della lupa allattante i due regii bambini presso al fico ruminale (ficus ruminalis). Non fa mestieri ripeterne qui il notissimo racconto, maV^OOQle
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