Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      ROMA.
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      e il ponte Milvio. Al vigoroso assalto dei Goti verso [ la mole Adriana e la porta Prenestiua risposeio vigorosamente i Romani, con impeto più che barbarico, scagliando dalla mole Adriana sugli asse-dianti le più perfette statue, opere insigni di Passitele e Lisippo, alla foggia di guerreschi projettili. i I nemici, colpiti da strumenti di morte cosi strani, retrocessero, e dopo un anno d'iuutili sforzi leva- , rono l'assedio, essendo stati causa indiretta di or- , ribili guasti ad uno dei più magnifici monumenti I di Roma; circa undici secoli dopo, papa Urbano Vili (1623-1641), fece ripulire il fosso di Sant'Angelo, ed allora se n'estrasse il Fauno dormiente del palazzo Barberini, ma sconciamente mutilato (Wiu-ckelmann, Hist. de l'Art, voi. 11, p. 52). Più fortunato di Vitige si fu il terzo de' suoi successori, , Totila, il quale nel dicembre del 546 eutrò in Roma per la porta Asinaria, apertagli da alcuni soldati isaurici che la custodivano; la città fu saccheggiata e sofferse più assai che in tutte le precedenti rapine; un terzo delle sue mura fu distrutto in varii i puuti, e moltissime le case incendiate (Procop., ih., c. 22; Marceli., Chron., p. 54). Totila aveva deciso di radere al suolo la conquistata metropoli, ma ne lo dissuase lo stesso Belisario, scrivendogli di non macchiare la sua fama cou una inutile bar- , barie. Totila gli porse ascolto e risparmiò la città, dirigendosi tantosto per la Lucauia, lasciata uua I guarnigione in Roma per difenderla dagli assalti di Belisario, ma costui se ne impadronì alla testa di soli 1000 cavalli. Totila. all'inaspettata notizia, ! non tardò un istante a retrocedere a marcie for-zate, ed ebbe tauta fortuna che di bel nuovo, uel 549 d. Cr., riconquistò Roma, la mercè di alcuni Soldati isaurici, cbe gli apersero come pria le porte. Lieto Totila di siffatta ventura, considerandosi ormi assodato nel possesso di Roma, nou solo non recò guasti alla medesima, ma la ritenue per capitale del suo regno, e vi fece celebrare perfino nel Circo i giuochi equestri. Ma durò ben poco la sua gioja, avendo perduto uel 552 e Roma e la vita nella battaglia di Tadino, o Tagina, o Tagine (Tadinum, Tagina, Tagince) (V. Tadino) nell'Uro- ì bria, dove fu scoufitto e ucciso dall'eunuco Narsete. che si recò subito a Roma, spedendo egli pure le chiavi della conquistata città a Giustiniano I, imperante il quale dal 527 al 565 d. Cr., Roma era i stata presa e ripresa non meno di cinque volte, e propriamente nel giro di soli sedici anui, dal 536 al 552 (Procop., R G., iv, 22-35; Teoph., Chron., I voi. i, p. 354).
      Dopo tale e tanto strazio di Roma, cagionato I dalle scorrerie e degli offensori e dei difensori, I nou è a meravigliare se fu dessa ridotta all'estremo della sua decadenza sullo scorcio del secolo sesto. Avvenne ciò precipuamente per la paura che avevano i Romani delle immanità lougobardiche, e per l'abbaudono che fecero gli abitanti dei dintorni delle loro case e campagne, non arrischiandosi più ai lavori agricoli, e richiudendosi entro alle mura della crollante Roma, la cui Campagna diveune, per simile immigrazione, un vasto deserto, ammorbato da pestifere esalazioni. L'indigenza ed il celibato di uua gran parte degli abitanti furono la causa di un rapido decrescere della popolazione, Nuova Encicl. Ital. Voi. XIX.
      sebbene il suo diminuito numero nou sia valso a preservarla dalla fame. Gli editicii di Roma andarono in rovina, e comunemente si crede che papa san Gregorio Magno, duraute il suo pontificato dal 590 al 604, abbia fatto a bello studio demolire i paganici tempii e mutilare le statue pagane; accusa che non è provata da valide testimoniauze, e fu gagliardamente confutata dal Platina, nella pregevole suo biografia del grande pontefice (ap. Bayle, Grégoire ln). Il Bargeo nella sua lettera su questo argomento, riportata dal Grevio (Thes. Antiq., voi. iv), afferma che il Circo Massimo, le terme ed i teatri furouo a bella posta distrutti, e ciò che scorgesi ad evidenza principalmente nelle terme di Diocleziano. Egli fa un vero merito di cotesta distruzione a san Gregorio, e ad uno o due papi successivi, adduceudo la ragione, non essere state altro le terme che scuole di dissolutezze e scapestrerie (p. 188") Pare invece assai più probabile che la distruzione delle terme sia stata prodotta dal guasto degli acquedotti , per cui mancava l'acqua necessaria ai bagni e dalla deficienza del dauaro che si doveva spendere per conservarli in buon assetto. Auche il Bargeo è d'avviso che gli acquedotti sieno andati in rovina per difetto delle opportune riparazioni; ma gli è certo che devono avere sofferto assaissimo anche nelle guerre gotiche. In conseguenza di ciò, gli è probabile che le vaste fondamenta delle terme, divenute ormai affatto inutili, sieno state ridotte a cave di pietre, circostanza che ci porgerebbe la spiegazione dell'esistenza dei brutti guasti. Di già pria del pontificato di san Gregorio rilevanti erauo i progressi del rovinare dei monumenti, come il pontefice medesimo lo attesta nelle omilie, deplorando in una di esse che Roma era stata in molte guise schiacciata sotto il peso d'immensi dolori, per la desolazione dei cittadini, per le incursioni dei nemici, e per le soverchie rovine (ruinarum frequentia, ruinis crebrescentibus. — Hom. 18 in Ezech., ap. Donatum, De urbe Roma, i, 28). Non è verosimile che il sauto pontefice si dolga amaramente di guasti e dauui che avesse cagionati egli stesso, ed è molto probabile all'incontro ch'egli sia stato accagionato dei medesimi per la palese antipatia che aveva contro la pagana letteratura. Mentre la dominazione d'Italia fu divisa tra i Lougobardi e gli esarchi di Ravenna, per circa due secoli, Roma era il capoluogo di un ducato, della medesima grandezza, presso a poco, dell'antico suo territorio, stendendosi da Viterbo a Terracina, e da Narni alla foce del Tevere. Dicesi che il fratricida imperatore Costante II (641-668), trucidato di sua mano nel 661 il fratello Teodoro, avesse deciso di trasferire la sede imperiale di bel nuovo in Roma, per sottrarsi alle visioni spaventevoli che gli funestavano i sonni nella reggia di Costantinopoli, e più ancora per consolidare iir Occidente la vacillante autorità imperatoria (Hist. Misch., ap. Muratori, Script, li. I., in, pt. li, p. 137). Ma la potenza longobarda era troppo forte : e soffermatosi pochi giorni nell'antica capitale, abbandonolla per sempre, ma dopo aver pria saccheggiate le chiese e divelto ed asportato il tetto di bronzo del Panteon (Schlosser, Gesch. d. bìlder-stiir-menden Kaiser, p. 80). Nel
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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