Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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ROMANENGO - ROMANI CAV. FELICEmorto nel 1819, prese gli ordini per obbedire al desiderio della sua famiglia, ma senza dar prova di molta vocazione, e si consecrò alle indagini archeologiche. Verso il 1806 ottenne per protezione dell'arcivescovo di Taranto il posto di coDserva-tore della biblioteca dei ministri. Ei compilò per gli stranieri alcune Guide esatte e ben fatte; ma ebbe il torto, scorgendone l'esito, di credersi ca pace di cose maggiori; egli non era bastantemente versato nelle lingue antiche nè uso ad esaminare i monumenti. Abbiamo di lui: Scoverte patrie di città distrutte e di altre antichità nella regione Trentana (Napoli 1805, in due voi.): la regione di cui trattasi è l'Abruzzo Citeriore , patria dell'autore; Ricerche sulla letteratura bibliografica dei tempi barbari nel regno di Napoli (ivi 1811) ; Viaggio a Pompei, a Pesto e ad Ercolano (ivi 1811), tradotto in francese nel 1829; Antica topografia storica del regno di Napoli (ivi 1815): quest'opera, fatta a spese del Governo, è ricercata; Napoli antica e moderna (ivi 1815); Isola di Capri; Viaggio da Napoli a Monte Cassino (ivi 1819). Oltre di ciò Romauelli inserì articoli nel Giornale enciclopedico di Napoli dal 1808 al 18016.
ROMANENGO {geogr.). — Comune nella provincia di Cremona, circondario di Crema. Abitauti 2012
ROMANI (cav.) Felice (biogr.). — Nell'ultimo quarto del secolo xvni nasceva in Genova di onorata famiglia: morì nella sua villetta di Moneglia, presso a Sestri-Levante, il 28 gennajo 1865. Attese alle lettere sotto gli Scolopii Solari e Gagliuffi, poi alla giurisprudenza, e laureossi prima in patria, dipoi a Pisa. Tratto da irresistibile forza, si condusse a Milano, ed ivi, scritti alcuni drammi per musica, fu cou larga provvigione nomiuato poeta dei regii teatri; ma, caduta la dominazione francese, perdette l'impiego. Scrisse allora L'amante e Vimpo-store, commedia applauditissima; ciò non ostante, l'inclinazione sua spingevate, anziché del Goldoui e del Nota, a seguire le orme dello Zeno e del Metastasi. E fu per molti auni indefesso scrittore di libretti per musica, onde il melodramma italiano, che dopo il Metastasio era di assai scaduto, rile-vossi alquanto. Salito in fama, tenne iu certo modo il seggio del Metastasio nella stima e nell'opinione degli Italiani, ed avrebbelo potuto ottenere realmente nella Corte di Vienua, se non avesse sdegnosamente rifiutata la profferta che di quivi veuivagli di assumere l'uffizio di poeta cesareo, a condizione di rinunciare alla cittadinanza sarda; la qual cosa dimostra che se amava l'arte, molto e assai più la patria: vauto cbe, massime a quei dì, non ebbe con molti comune.
Re Carlo Alberto chiamollo alla direzione della Gazzetta piemontese, che a quel tempo era faccenda anzi letteraria che politica; ed il Romani eutrò in battaglia di opinioni col Brofferio, che dirigeva il Messaggiere torinese. Ma questi, sciolto da ogni riguardo verso i governanti, recava nelle polemiche l'assoluta indipendenza di opinione, e combatteva pei novatori come in politica così in letteratura. 11 Romani, sebbene più forte del suo avversario nelle lettere classiche, era nelle pastoje cortigianesche; di che la sua iuferiorità nella lizza. Nè vuol dissimularsi che anco uelle Appendici lette-
rarie alla Gazzetta propugnava teorie non sempre consentanee a verità; ma, tant'è: egli era agli stipendii del Governo, nè poteva liberamente respirare quell'aere puro, che a larghi sorsi respirava il suo antagonista. Quello però che non vuol tacersi è, che le sue prose erano dettate con grande eleganza e festività di stile; ed è a lamentare che una raccolta cominciatane dal Favate, rimanesse interrotta. Lasciò pure alcune graziosissime novelle, pubblicate per la maggior parte nella Gazzetta piemontese, uel Museo, ed anche nel Furetto, giornaletto letterario.
Le liriche del Romani sono tanto note e tenute per comune consenso in si alto pregio, che nou mette il parlarne. Lodevoli più per castigatezza od eleganza di forma che per novità di concetti, esse appartengono a quella scuola che ebbe in Vincenzo Monti il suo capo ed il suo più illustre rappresentante. E la più bella delle canzoni è appunto quella inspirata dal Monti: vengono poi quelle a Pompeo Marchesi, alla Malibran, alla Pasta, a Pagauini, il carme alla Carità e tanti altri poetici componimenti. la maggior parte dei quali sono a buon diritto divenuti popolari. Due poemi abbiamo pure di lui incompiuti, il Colombo e Cielo e terra.
Dove il Romani uon ebbe rivali fu nel dramma per musica. Il verso, dolce e armonioso, mirabilmente si sposava alle italiane melodie. Fu vera sventura per lui e per noi che, a' tempi nei quali egli scrisse il convenzionalismo regnasse dispoticamente nell'arte. Il verso è affascinante, ben condotta l'azione, ma la forma tende al classico e la struttura dei pezzi è alquanto uniforme. Sia però detto ad onor del vero , il Romani subiva sì, ma non di buon grado, questa tirannia, e percorse nella Lucrezia Borgia la trasformazioue che qualche anno più tardi doveva avvenire nel dramma per musica. La Lucrezia Borgia è il primo segnale di emancipazione dalle pastoje delle convenienze teatrali, e negli ultimi libretti del chiaro poeta, come nell'Edita di Lorno, scritta pel conte Giulio Litta, se manca il vigore degli anni giovanili, è evidente il desiderio, anzi lo sforzo dell'autore per cummiuare di pari passo coi progressi dell'arte musicale.
Alcuni dei migliori fra questi drammi per musica caddero ingiustamente uell'oblio per colpa dei maestri. Per isplendore di versi nessuno agguaglia la Solitaria delle Asturie $ il Cristoforo Colombo, sebbene nel primo sia languida l'azione e nel se-coudo non sia convenientemente sviluppato il carattere del protagonista. Fra i libretti che ancora vivono sulle sceue italiane, i migliori sono senza dubbio la Norma, la Sonnambula, la Lucrezia Borgia, la Parisina nel genere serio, YElixir d'amore nel comico.
Si fece rimprovero al Romani d'aver tolto l'argomento dei suoi libretti da drammi stranieri ; lo che se può dirsi di alcuni, non può di tutti : ed anche quando copiava, la copia riusciva superiore all'originale ; siccome avvenue nella Norma, e so-vrattutto ueW'Elixir d'amore. Quest'ultimo, come tutti sanno, è una traduzione letterale del Philtre di Scribe, ma è fatta cou tanta facilità e cou tanto garbo, che l'originale francese sta dietro di gran lunga alla traduzione italiana. Ciò che va pure no-
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