Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      ROSTOPCIN (TECflVmO VASSlMEVlTCH CONTE DI)
      737
      un signor tartaro compariva la prima volta alia Corte
      il monarca gli lasciava la scelta fra una pelliccia e il titolo di principe. Mio avogiunto nello stridor della vernata
      ebbe il senno di preferir una pelliccia »
      Paolo ne rise di cuoree ai circostanti: « Signori principi
      congratulatevi che i vostri avi non sieno arrivati di gennajo ».
      Alessandrodel quale non rispettava le velleità liberali
      avealo poco graditoma negli estremi bisogni il fece governatore di Mosca.
      Entusiasta per la patria invasa dagli stranierifé di tutto per elevare gli spiriti al maggior sa-grifizio; organizzò corpi di volontari di 122
      000 uominiarmati a spese della nobiltà; mantenne la tranquillità eccitando il coraggio
      e quandodopo )a battaglia di Borodino
      fu stabilito d'abbandonare Mosca senza difenderlaegli la fe vuotare
      restandovi solo plebagliae troncando all'esercito invasore ogui possibilità di comunicare coll'interno dell'imperio. Fu allora che scoppiò l'incendio; opera o dell'invasione o dell'irritazione popolare e disperata. Rostopcin partendone distrusse un ricco villaggio di sua appartenenza
      non lasciandovi che la chiesa con una iscrizione ad esecrazione dei Francesi.
      Dopo quel disastroAlessandro lo ricevette con freddezza
      direbbesi con ribrezzo; egli non invocò premii quando nel 1815 poteva aspettarsene. Nel libro La verità sull'incendio dì Moscai Parigi 1823) sostenne era stata incendiata dagli invasorie ne addusse in prova l'inutile distruzione di parte del Kremlin; dappoi si confuse fra i tanti attori del gran dramma europeo
      tornò in Russia alla morte d'Alessandro
      e morì a Mosca il 18 (30) gennajo 1826. Del resto viveva a Parigi dato a ricerche bibliografiche e ai piacerifacevasi ammirare per motti felici
      ma schivava di parlare di sè. Avendogli detto una signora che avrebbe dovuto scrivere le proprie memorieal domani esso gliele portò in un semplice foglio. E son queste che vogliamo riferire
      per l'espressione di un cinismo inesorabile e d'un frizzo volteriano.
      MIE MEMORIECTVVEBO SIA ME AL NATURALE SCRITTE IN DIECI MINUTI
      Capitolo I. — Mia nascita.
      In 1765
      12 marzouscii dalle tenebre al gran giorno. Mi misurarono
      pesaronobattezzarono. Nacqui senza sapere perchè; i genitori miei ringraziarono il cielo senza saper di che.
      Capitolo II. — Mia educazione.
      Mi insegnarono ogni sorta cose e lingue. A forza d'essere impudente e ciarlatanopassai talvolta per dotto; e la mia testa divenne una biblioteca scompagnata
      di cui la chiave l'ho io solo. Capitolo III. — Miei patimenti.
      Fui tormentato dai maestridai sartori che mi facevano i panni impiccati
      dall'ambizionedall'amor proprio
      da inut li ribrameda re e reminiscenze.
      Capitolo IV. — Privazioni.
      Tre grandi p;aceri della spezio umana io non gustaiil furto
      la ghiottornia e l'orgoglio.
      Nuova Encicl. Ital. y0\Capitolo V. — Epoche memorabili.
      Di trent'anni rinunziai al ballo; di quaranta a piacere alle belledi cinquanta all'opinione pubblica; di sessanta al pensare
      e diventai un vero sapienteo
      ciò ch'è tutt'unoun egoista.
      Capitolo VI. - Ritratto morale.
      Fui caparbio come un mulocapriccioso- come una civetta
      vispo come un fanciulloinfingardo come una marmotta
      attivo come Buonaparte; e tutto ciò quando mi parve e piacque.
      Capitolo VII. — Risoluzione importante.
      Non avendo mai potuto rendermi padrone della mia fisionomialentai la briglia alla mia lingua
      e contrassi il mal vezzo di aver il cuore sulle labbra. Da ciò alcuni piaceri e molti nemici.
      Capitolo Vili. — Che cosa fui e che cosa avrei potuto essere.
      Fui sensibilissimo all'amiciziaalla confidenza; e se fossi nato l'età dell'oro
      sarei per avventura stato un galantuomo fatto e finito.
      Capitolo IX. — Principii rispettabili.
      Non fui mai avviluppato in nozze o in pettegolezzi; non ho mai raccomandato nè cuoconè medico. e per conseguenza non attentai alla vita di nessuno.
      Capitolo X. — Miei gustiMi vanno a sangue la poca brigata e il passeggiare in un bosco. Ebbi una venerazione involontaria pel Sole
      e il suo tramonto mi lasciava spesso di mal umore. Dei colori amavo il celeste ; dei mangiariil manzo col ramolaccio; di bibite
      l'acqua fresca; di spettacolila commedia e la farsa; d'uomini e donne
      le fisionomie aperte ed espressive. I gobbi dei due sessi m'avean un'attrattiva che mai non seppi definire.
      Capitolo XI. — Mie avversioni.
      Nutrivo repugnanza per gli scioli e pei facchiniper le donne intriganti che affettano la virtuosa; disgusto per l'affettazione; pietà per gli uomini coloriti e per le donne imbellettate ; avversione pei sorci
      i liquorila metafisica e il rabarbaro; sgomento della giustizia e dei can rabbiosi.
      Capitolo XII. — Analisi della mia vita.
      Aspetto la morte senza paurama senza impazienza. La mia vita fu un melodramma.
      Capitolo XIII. — Rimunerazione dèi cielo.
      La mia gran fortuna è di sentirmi indipendente da tre che reggono l'Europa. Essendo ricco che bastidivezzo dagli affari e abbastanza indifferente alla musica
      non ho di che intrigarmi con Rotbschild
      Mettermeli nè Rossini.
      Capitolo XIV. — Mio epitafio.
      Qui fu posato Perchè sia riposato Con un animo saziato Un cuore vuotato Un corpo sciupato Un vecchio diavolo trapassatoSignori e Siguore passate. XIX. 47
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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 2)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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