Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
te* * ROtJSOÙDAN o RÌJSÙDAti - feotiSSEAti GIAMBATTISTA
ROUSOUDAN o RUSUDAN {biogr.). — Regina di Giorgia
della razza dei Pagratidi
nata in principio del secolo xm
ò celebre nei fasti d'Oriente per la sua grande bellezza e per altre eminenti qualità. Ella succedette nell'anno 1222 a suo fratello Giorgio Lascha. Al suo avvenimento al trono la Giorgia riposava appena dalle dannose conseguenze di una irruzione dei Mongoli nelle parti occidentali dell'Asia. I grandi vollero provvedere alla couserva-zione della stirpe reale dando uno sposo alla reginae decisero di farle sposare uno straniero di sangue regio. Scelsero pertanto il figlio dello Scià-eddin Thogril
della stirpe dei Selgiucidi
che regnava in Arzroum
presso la Giorgia. Questo giovine principe abjurò la religione musulmana nello sposare Rousoudan ; ma questamalcontenta dello sposo che le era stato imposto
lo fece chiudere in una fortezzae si abbandonò a disordinate inclinazioni
senza però perdere di mira la gloria del regno. Essa ebbe a sostenere una lunga e disastrosa guerra contro il sultano di Karizm
Gielal-eddinche dopo avere invaso e devastato in varie volte tutto il paese della Giorgia
senza potere impadronirsi di verun luogo fortificatofu astretto a ritirarsi. Rousoudan contrasse poscia un secondo matrimonio
sempre desiderato da molti principi dèi vicini Stati
fra i quali era Gielal-eddin
di cui i rifiuti della regina di Giorgia raccendevano sempre il furore. Dopo nuove guerrecui sarebbe troppo lungo il narrare
Rousoudanabbandonata da'suoi sudditi
vedendo i suoi Stati divisi fra suo figlio ed il nipoteprotetti i'uno e l'altro dai principi mongoli
non ismentl punto il gran coraggio di cui aveva dato prima tante prove. Chiusa come prigioniera nella fortezza d'Ousaneth
dove era andata a cercare asilosi avvelenò per risparmiarsi l'onta e il dolore di passare sotto il giogo dei Mongoli
e mori nell'anno 1248
dopo un regno di ventisette anni. Si hanno monete di questa principessa con leggende gior-giane ed arabe. Le vengono dati i seguenti titoli: Il re dei rela regina splendore del mondo
dello Stato e della religioneRousoudan
figlia di Tha-mar
Voc.chio del Messia.
ROUSSEAU Giambattista (biogr.). — Il primo lirico francesenacque a Parigi l'anno 1670. figlio d'un calzolajo che godeva di onesta agiatezza
e che ebbe l'ambizione di allevare i due suoi figli ad una professione superiore al proprio stato. Ambidue corrisposero alle sue speranze ; l'unoconosciuto a Parigi sotto il nome di P. Leone
fu un distiuto predicatoree l'altro VOrazio della Francia
secondo l'espressione de' suoi compatrioti ; ma se vuoisi credere ad una tradizione generalmente diffusae che non fu mai smentita da nessuno
quest'ultimo fu abbastanza debole per arrossire della sua origineed avrebbe osato nell'ebbrezza de'suoi trionfi rinnegare in sua presenza l'onesto artigiano a cui doveva con la vita il benefizio dell'educazione. Checché ne sia di questa accusa
la vita di questo poeta offre pur sempre uno spettacolo disgustoso; l'ingegno sovente disgiunto dalla virtù; molta gloria e poca felicità. Nutrito di eccellenti studiiformato alla scuola dei grandi scrittori antichi e moderni
e possedendo al sommo grado l'abilità di verseggiareaspirò di buon'ora ad occupare sul
Parnaso francese un posto cui lasciava vacante la morte di Racine e la vecchiezza di Boileau. Felice lui sepiù fedele all'imitazione di questi grandi uomini
di cui si vantava discepolonon avesse ricercato com'essi che una gloria irreprensibile ! Ma se si ricorda lo Btato morale della società in Francia durante gli ultimi anni del regno di Luigi XIV
in cui sotto il velo d'una pietà imposta dall'esempio del monarca si nascondevano tante sregolatezzesarà facile immaginare quale influsso potevano avere quei tempi sopra l'indole ed il talento d'un giovane poeta avido di rinomanza. Volendo piacere ad un tempo ai divoti ed ai libertini
che spesso erano gli stessi personaggiritraeva per gli uni in linguaio pieno di pompa e di eleganza i cantici del re profeta
e rinnovava per gli altri le oscenità di Marot
talché esso era alternamentecome fu detto
Vetrone à la villeet David à la cour. Ma questa satira
diretta al poeta
feriva molto meglio i costumi del suo tempo. Intanto gli splendidi principii di Rousseau gli avevano attiratoinsieme col favore di illustri personaggi
distinzioni letterariedi cui la sua gioventù non poteva che meuar vanto. Già ricevuto membro dell'Accademia d'iscrizioni e lettere
era pur destinatoalmeno dai voti del pubblico
a succedere a Boileau nell'Accademia francese
e crede vasi che egii avrebbe ottenuta la pensione di questo gran poetail quale per verità non poteva avere più degno erede nella repubblica delle lettere; ma uno sciagurato litigio
in cui si ingolfò per indole naturalmente inclinata all'invidia ed alla satiraturbò sempre il corso d'una vita stata si prospera. Lungo tempo ingannato sopra la sua vocazione
che non era quella del genere drammaticoRousseau si era ostinato a scrivere commedie e melodrammi
che quasi tutti furono mal graditi. La sola commedia il Flateur fu rappresentata la seconda volta; ma quei successi poco lusinghieriinvece d'illuminare l'autore
non fecero che irritare il suo amor proprio. Egli frequentava a quel tempo una società
dove radunavansi ogni giorno uomini letteraticome La Motte
CrébillonSaurin
ecc. Rousseau vi era più temuto che desideratoed alcune delle sue produzioni vi erano state oggetto di amare critiche; il che gli fece credere che da quella società dipendesse tutto il cattivo esito de'suoi drammi
e perciò rivolse contro quella tutta l'ira sua. Cominciò a scrivere alcuni versi contro il melodramma YHésione di Danchet
i quali parvero si ingiusti e mordaciche fu astretto a bandirsi da quella società. Nel 1710 nuovi versi ancora più infiammanti dei primi
e creduti suoirecarono al colmo l'indignazione che Rousseau aveva eccitata. Un militare per nome La Faye
crudelmente insultato in quelle orribili satiremaltrattò in pubblico nel modo più offensivo quello cui riguardava a torto o a diritto come autore di quelle ingiurie. Rousseau ricorse ai tribunali
e fu accusato egli stesso di calunnia. Ne risultò un processo che si terminò per reciproco abbandono; ma non era ancora pago il poeta. Diffamato pubblicamenteesso voleva una riparazione solenne e giuridica. Credette
o almeno pretese di avere scoperto che Saurin
uno de'suoi più violenti nemiciera il vero i autore di quelle satire
oso denununziarlo comet^ooQle
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