Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      RUFFO (CARDINALE) FABRIZIOparte per cannoni, artiglieri e tutto, meno che per animo, tornano per varii dì mesti e laceri dai loro assalti. Vedesi dalle mura il cardinale, che presso ad altare eretto nel campo benedice con la croce le armi che in quel di si apparecchiano contro la città ribelle a Dio e al re. Dentro la città si veg gono altri moti e religioni ; vi si adopera la croce, ma in chiesa, e ciascuno si concita alla difesa con le voci di libertà. Però difettano le provvisioni da guerra. Si fondono tutti i metalli e le campane per far projettili ; infine si fa uso delle pietre e delle monete. Mancata la polvere, la città uon si arrende. I Borbouiani montano sulle breccie, dove è orrenda la strage ; ma la superano, e penetrati nella terra, donne e fanciulli uccidono, un convento di vergini profanano, tutte saziano le malvagità e le lascivie. Questo inferno dura tre giorni ; nel quarto, il cardinale, assolvendo i peccati dell'esercito, lo benedice , e procede a Gravina, che mette a sacco-L'arcivescovo di Napoli, cardinale Zurlo, indicaudo Ruffo principale cagione delle sventure dello Stato, e non colonna, com'ei si vanta uelle pastorali, ma disfacitore e vergogua della religione e della Chiesa, lo fulmina di un auatema. Il cardinale Ruffo, ciò conosciuto, scomunica Zurlo, come avverso a Dio, alla Chiesa, al pontefice e al re. Ma già il guerriero della fede si avanza contro Napoli, pone stauza a Nola, e le sue torme campeggiano fiuo al Sebeto. Gli si oppone Manthoué ; ma giunto alla Barra, dopo breve guerra soperchiato da numero influito, torna vinto. Però il cardinale procede lentamente per meglio stimolare all'aspetto di ricca città le avide voglie delle sue turbe, alle quali ha promesso licenza e sacco, e per aspettare il di festivo di Sant'Antonio. Perciò al primo raggio del 13 giugno 1799, invocato sant'Antonio patrono del giorno, fa muovere contro la città le torme della santa fede, stando lui a cavallo col decoro della porpora e della spada, in mezzo alla schiera maggiore. Cominciata la zuffa, muojono d'ambe le parti, ed incerta pende la vittoria, stando da un lato numero iufinito, e dall'altro virtù estrema e maggior arte. Infine, morto il comandante dei repubblicani, e assaltati costoro alle spalle dalla plebe, vacillano; i Borboniani penetrano nella città; ma il cardinale trattiene fuori le milizie, non per carità di patria, bensì per tema che la notte ajuti le preparate insidie del nemico. Egli mette le sue stanze ai Granili e fa accampare le sue milizie nelle colline che soprastanno alla città; ma le torme sciolte rompono il freno, e vanno al promesso spoglio della città; quante commettessero prede, atrocità, uccisioni, chi può narrare? Intanto il cardinale negozia con Mejean la cessione del castello Santelrao. 1 repubblicani tuttavia resistono, e in una sortita notturna avendo ottenuto dei vantaggi, il codardo porporato già divisa tirarsi addietro di molti chilometri; ma tosto muta pensiero, e computate le morti patite nella sortita, le fughe, lo sbalordimento de'suoi campi, invia messaggio con profferte di accomodamento al Direttorio della Repubblica. La pace vien fermata. Come vicario del re, egli bandisce essere finita la guerra, volere il re perdonare i falli della ribellione, e perciò finissero nel reguo gli spogli, le pugne, le stragi. Ma tosto
      giunge editto del re, che dice non voler patteggiare coi sudditi. La pace è calpestata. I repubblicani, affidati ai patti della resa, sono iucateuati e posti a morte. Le torme della santa fede tornano alle sospese ferità. E Ruffo, timoroso di quei tristi e della collera del re, tace o seconda. Egli, che fu valido ad acceudere gli sdegni, nou basta a moderare la vittoria. La tirannide si affretta a premiare i servigi di lui con doui e coi fregi chiamati onori, ma che sono vergogua. Ottieue dal re in beuefizio la badia di Santa Sofia con l'entrata di 40,000 lire, perpetua nella famiglia, ed altre terre che fruttano 67,<>00 lire a pieno e libero possesso, e l'uffizio di luogoteueute del regno con lo stipendio di 104,000 lire all'auuo; largità nuove, solamente possibili dove gli affetti del re sono leggi allo Stato. Lettere, che accompaguauo i doni, esprimono la regia beuevoleuza e la gratitudine pel ricuperato regno. Altre lettere dell'imperatore delle Russie Paolo I dicono al cardinale, che per la brillante impresa delle Calabrie egli nel mondo è stato segno di ammirazione ai virtuosi, e perciò lo uomina cavaliere degli ordini di Sant'Andrea e Sant'Alessandro.
      Nell'anno stesso, consultando il conclave a Venezia intorno alla scelta del nuovo poutefice, il cardinale Ruffo, con istruzioni del re ed ambizioni proprie, si reca al congresso, deponeudo i freni del governo di Napoli nelle mani del priucipe del Cassero. Nei seguenti anui, avendo il re più volte formato cou la Francia trattati di pace o di neutralità, ed avendoli sempre rotti col muovere, comecché infelicemente, le armi coutro i Francesi, finalmente (1805) l'imperatore Napoleone, deciso di dargli castigo condegno alla colpa, comauda al maresciallo Massena, con cui va il principe Giuseppe, di marciare al conquisto del reguo di Napoli. Trepida la casa di Napoli. Convocato consiglio, il re mostrandosi rassegnato alle male venture, dice unico scampo la Sicilia; i vili ministri secondano le voglie di lui, perchè infingarde e sicure ; solo ia regina, animosa nella avversità, crede possibile riuuovare i prodigi del 1799. In quel pericolo si chiama il cardinal Ruffo, e viene spedito iu Romagna, dove sta l'esercito di Francia, affine di cercare pace ad ogni costo e di stabilirne le coudizioni. Egli, capo della santa fede, è male accolto dal principe Giuseppe. Prosegue verso Parigi, dove il suo nome molto nuoce all'accoglienza dell'ambasciata. Il regno è già caduto in potere dei Francesi e il re si è rifugiato in Sicilia. Questa volta il cardinale, reduce da Parigi, non accompagna il re nell'esilio, ma ferma sua stauza in Napoli, dove non è l'ultimo a corteggiare i re francesi, dai quali forse paventa di vedersi tolti i ricchi beneficii. Ri-staurata sul trono la casa dei Borboni (1816), il cardinale nulla ha perduto della sua influenza sull'antico suo re, il quale in tutte le gravi circostanze lo consulta, e soprattuto in occasione degli sconvolgimenti del 1820. Da quel tempo in poi, ricchissimo e potente, il cardinale passa gli ultimi anni di sua vita negli agi, e in età avanzata mo rendo in Napoli nel 13 dicembre 1827, lascia ai suoi parenti dovizie grandi e un nome coperto di obbrobrio. Scrisse varie opere in italiano sulle Manovre delle milizie ; sugli Armamenti della cavai-
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 3)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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