Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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RUFO — RUFO M. CELIOopinione. Hermann (Orphica, Lipsia 1805) argomenta dA ragioni metriche che lo scrittore dev'essere vissuto fra Mauetone, autore deH"AiroTeXe<Tjjwt-xtxa, e Nonno, autore delle Dionysiaca, data discretamente indeterminata. Rufo scrisse certameute un poema esametro greco in quattro libri llepì {Jotavwv, mentovato da Galeno (De simpl. medie, temp., vi), che ne cita altrove alcuni versi ; ma Chaulant crede che l'opera fosse assai diversa dal frammento in questione, principalmente perchè un medico così dotto come Rufo non può aver composto una cosa così piena di superstizioni popolari e di assurdità. 11 frammentò tratta di tredici piante diverse in altrettanti capitoli, nei quali, dice Haller, Medi-carum virium adest farrago verarum et falsarum.
1 titoli di parecchie delle sue opere perdute furono preservati da Galeno, Suida, e specialmente dagli scrittori arabi, i quali pare conoscessero i suoi scritti e ne traducessero alcuni uella loro lingua (vedi Weurich, De act. grac. vers. arab., syriae., armen.y ecc., p. 221). Di questi cinque libri, llepì Zmirrfi (De victus rattortesouo citati da Onbasio, Suida e Ibn Baitor (voi. i, pp. 366, 378, ecc.); Be-ponteurtxa (De methodo medendi), da cui Ezio tolse probabilmente i frammenti; llepì peXzyyoXks (De me-lancholia)\ Ilepl Stortr/i; uXeoVcuv (I)e. victu navigati-tium ) ; Il epì TpavjAotTtxwv cpapjjutxojv (De medicamentis vulnerum); ilepl cux&w (De ficu)tus)\ fi epì àpyctta* lotTptxij? (De vetere medicina) ; I epì ya),axTo<; (De lucie); llepì otva)(De vino)-, Il epì uAnoc (De melle) ; De morbis qui arliculis contmgunt «Orib., Coli med.y vm, 47).
1 titoli di veuti o trenta trattati souo citati da Wenrich, ma molti di essi, com'auco alcuni dei sopraddetti, par sieno capitoli Boltauto di qualche vasta opera. Rufo commentò anche alcune opere d'Ippocrate, che studiò indefessameute. Ulteriori notizie su Rufo e i suoi scritti trovausi nella Bibl. bot. anat. et med. proci. di Haller; nell'iZ/stf. de la méd. di Sprengei ; ueìì'Handb. der Biieherkunde f'iir die Aeltere Medicin. e nella Penny Cychpadia.
RUFO (biogr.) — Amico di Plinio il giovane, che gl'indi rizzò due lettere ( Ep., v, 21 ; vii, 25). Il suo nome gentile non è mentovato da Plinio. Quattro altri corrispondenti di queBto dotto romauo portano il cognome di Rufo, vale a dire Calvisio, Oa-niuio, Ottavio e Sempronio, alcuni de'quali sono citati più avanti in ordine alfabetico.
Rufo di Perlnto, sofista greco, allievo di Erode Attico. Fliostrato dà una relazione di lui ( Vit. Soph., li, 17, pp. 597, 598) (vedi Westermann, Qeschichte d. Griech. Beredtsamkeit, § 92).
Rufo, scrittore greco, autore di un'opera sulla musica in tre libri, in cui trattava dell'origine della tragedia e della commedia. Sopatro si giovò grandemente di quest'opera di Rufo (vedi Fabr., Bibl. grcec.. ti, p. 320).
Un altro Rufo compose un trattateli sulla retorica, pubblicato per la prima volta in un con un'opera di Tiberio sullo stesso soggetto da Bois-sonade (Londra 1815).
RUFO Antonio (biogr.). — Nome di un grammatico latino citato da Quintiliano (i, 5, § 43) e da Vclio Longo (p. 2237). Lo scoliaste Cruquiano (ad fiorai. Art. poet., 2*8) parla di un Autonio Rufo clic scrisse drammi pretestati e togati, ma è incertose sia identico al grammatico. Glandorp nel ano Onomasticon (p. 99j riferisce sull'autorità d'Acrone che Antonio Rufo tradusse Omero e Pindaro, ma non v'ha passo in Acrone in cui occorra il nome di Antonio Rufo. Glandorp aveva probabilmente in mente l'asserzione dello scoliaste succitato d'Orazio e la rappiccò ad un verso d'Ovidio (ex Pontiv, 16, 28), in cui parlasi di un Rufo come d'un poeta lirico; ma chi fosse questo Rufo, se l'Antonio Rufo od altri, mal si può determinare.
Vedi Wernsdorf, Poeta latini minores (voi. in, p. 30; voi iv, p. 585).
RUFO Vibio (biogr.). — Visse nel regno di Tiberio e vautavasi di due cose, vale a dire di. possedere la sedia curule su cui costumava sedere il dittatore Cesare, e di avere sposatala vedova di Cicerone. Ma questi vauti non recarono offesa, e Tiberio lo innalzò al consolato. Il suo nome però non apparisce nei Fasti (Dion. Cass., lvii, 15). La vedova di Cicerone fu supposto comunemente fosse Teren-zia, maDrumanu ha osservato giustamente che era più probabilmente Publia, seconda moglie di Cicerone (Geschichte Roms, voi. vi, p. 696). Vibio Rufo apparisce frequentemente come uno dei declamatori nelle Controversia di Seneca il maggiore ( Contr. 2, 4, 5, ecc.).
RUFO M. Cello (biogr.). — Figliuolo d'un ricco cavaliere romano dello stesso nome, nacque a Pozzuoli il 28 maggio dell'82 av. C. e fu presentato a M. Crasso e Cicerone , che Io addirizzarono nei suoi studii, specialmente nell'oratoria. Durante il pretorato di Cicerone (66 av. C.) e i due auni seguenti, Celio era quasi sempre al suo fianco, ma nel consolato del grande oratore (63 av. C.) divenne iutimo di Catiliua, quantunque non prendesse parte alla famosa congiura, se dobbiamo prestar fede all'asserzione positiva di Cicerone. Nell'anno 61 accompagnò il proconsole Q. Pompeo Rufo in Africa, e al suo ri torno a Roma accusò C. Autonio, collega di Cicerone nel consolato, di essere stato uno dei congiurati con Catilina, e con tutto che Cicerone parlasse in sua difesa, Autonio fu condannato. L'orazione di Celio coutro Antonio era di molto merito, ed era letta a'tempi di Quiutiliauo (Quiutil., iv, § 123). Nou molto dopo Celio fu fatto questore ed accusato di aver compro i voti all'elezione, accusa di cui Cicerone tentò purgarlo quando lo difese nel 56 av. C.
Nel 57 Celio accusò L. Sempronio Atratioo di corruzione, e quando l'ultimo, che fu difeso da Cicerone, fu assolto, lo accusò di bel nuovo dello stesso delitto nel 56 av. C. Ma mentre il secondo processo era in corso, Celio stesso fu accusato di vis da Sempronio Atratino juniore. Celio era vissuto per qualche tempo nella casa di P. Clodio sull'Aventino ed era nno degli amanti di sua sorella Clodia Quadrautaria. Ei l'avea però abbandonata da ultimo, ed ella per vendicarsi indusse Sempronio Atratiuo ad accusarlo in primo luogo di aver tolto a prestito danaro da lei per assassinare Dione, capo dell'ambasciata inviata da Tolomeo Aulete a Roma, in secondo luogo di aver tentato avvelenarla. Celio si difese e fu anche difeso da Crasso e da Ciceroue, l'orazioue del quale esiste tuttora. Celio aveva recato grave danno alt^ooQle
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