Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
RU1NAS - RUISCH FEDERICO 841
serito alla fiue del voi. 1 degli Annales de l'ordrc de Saint Benoit pubblicati da Mabillon.
11 tempo e le cure dello studioso benedettino furono consecrati soprattutto a difendere le opere di Mabillon e a continuarle dopo la morte di lui. Per tal modo ei prese molta parte agli ultimi volumi degli Actes des Saints de l'ordre de Saint Benoit e degli Annules, e preparò eziandio la se couda edizioue della Diplomatique (1709), opera cbe ha reso tanti servizi all'erudizione. Il gesuita Germon aveva impuguato le conclusioui dell'autore e dichiarato falsi i preziosi documeuti merovingi, scritti in parte sul papiro che couservavasi allora nell'abbazia di San Dionigi, e oggidì negli arehivii. Rum art dimostrò vittoriosamente l'autenticità dei diplomi di san Dionigi in uu piccolo libro intito lato: Ecclesia Pansiensis vindicata de antiquis reyum Francorum diplomatibus (Parigi 1706;.
Kuinart aveva ottenuto verso il 1701 uu piccolo benefizio, il priorato di San Biagio prèsso Noyon. Egli riceveva nelle lettere scritte sia al suo maestro, sia a lui stesso dai dotti principali d'Europa testimonianze onorifiche, e pare fosse accolto con onore speciale alla piccola Corte di Giacomo 11 d'iugbilterra, rifuggito a San Germano in Laye. Il suo ultimo lavoro fu VAbrégé de la vie de Ma-billon (Parigi 1709), tradotto in latino da un altro benedettino, Claudio di Vie (Padova 1714). Ruinart lasciò mauoscritto un Journal delle controversie origiuate dalla pubblicazione delle opere di Bant'A-guatino fatta dai Benedettini suoi confratelli.
Vedi ÌL Massuet, Abrégé de la vie de D. Ruinart, in capo al voi. v degli Ann. Ord. Sancii Bened.
RUiNAS (geogr.). — Comune nel circondario di Oristauo, provincia di Cagliari, con 1011 abitanti.
RUINE (archeol.). — Avanzi più o meno estesi, più o meno conservati di antichi edifizi o di antiche città. Le celebri ruine di cui la terra è coperta attestano in pari tempo la potenza dell'uomo e la caducità delle sue opere. La torre di Babele, in parte storica e in parte favolosa, n'è il simbolo più compiuto: elevarsi fino ai cieli, cadere, marcire sotto il muschio» fu questo il suo destino. La Siria e l'Egitto ci presentano, dopo quattro» ila anni, negli avanzi di Palmira e di Meniti le prove più convincenti del loro passato splendore. La Grecia e l'Italia, meno grandi nelle loro opere, ira più eleganti e più perfette, offrono egualmente alla amuiirazioue ed allo studio dei popoli moderni i loro templi, le colonne, i teatri, gli archi trionfali, spezzati dalla forza dei secoli, e nascosti sotto l'erba o adorni di ghirlande di verzura ; ornamenti graziosi, che la natura prodiga loro in cambio delle perdite che l'arte compiange. Viene in seguito l'età di mezzo coi suoi pittoreschi edifizi ruinati dal tempo. Soprattutto nella Germania e nell'Inghilterra si possono ammirare questi poetici avanzi di castelli feudali, di magnifiche badie. Non obliamo di aggiungere alle più imponeuti ruine dell'antico mondo quelle non meno stupende, che da alquanti anni si discoprono nell'America, in questa parte del mondo che a torto abbiamo chiamata nuova Quivi, fra le piramidi paragonabili a quelle di Egitto, malgrado il differente genere di costruzione, già-ciono le ruine di una vetusta città, interamentedeferte, e che coprono un terreno estesissimo, prova evidente che un antico incivilimento ebbe luogo in quelle contrade prima che gli Europei le scoprissero.
Alla vista delle ruine, l'animo è sempre assalito da emozioni più o meno profonde; esse ci rimembrano la fine comune e inevitabile delle opere umane e dell'uomo stesso. Gli spiriti illuminati si trasportano ai vetusti tempi, e veggono, per così dire, rinascere le generazioni che hanno ammirato quei monumenti nel loro splendore, e che di secolo in secolo sono andati minandosi, comecché di marmo o di granito, durevoli materie ma non eterne. La loro vetustà ne rende incantevole la vista; e questo incantesimo bisogna certamente attribuire ai ricchi colori, alle forme sempre graziose della vegetazione che s'impadronisce di quelle ruine, e che sembra riconquistare i suoi diritti usurpati dalle forme corrette, ma gelide e aride dell'arte anche perfettissima. La disposizione dell'auimo, che c'invita, innanzi a simili spettacoli, a meditare ed a rattristarci, è sì potente, che niuno liavvi il quale non preferisca il piacere di contemplare una bella mina a quello di ammirare il più magnifico edi-fizio in tutto il lusso della sua novità. Sotto il rapporto pittoresco, la questione è sciolta nel medesimo tenore, perchè un quadro, nel quale il pittore ha disegnato le ruine di vasti e sontuosi edifizi, circondati da ricca e capricciosa vegetazione, piace all'occhio sempre più di quello nel quale gli stessi edifizi fossero dipinti interi e netti, come usciti testé dalle mani dell'architetto. In questo caso, come in mille altri, la natura ha gran vantaggio sull'arte (V. Archeologia*.
RUIN0 (geogr.). — Couiuue nel circondario di Bobbio, provincia di Pavia, con 1124 abitanti.
RUISCH Federico (biogr.). — Celebre anatomico olandese, nato il 23 marzo 1638 all'Aja, morto il 22 febbraio 1731 in Amsterdam. Dopo aver fatto i corsi alle Università di Leida e di Fraueker, si addottorò nel 1664 in medicina, e fu nominato l'anno seguente professore d'anatomia in Amsterdam, cattedra che occupò fino alla morte, ed alla quale accoppiò quindi l'ufficio di professore di ostetricia e di botanica. Il suo nome non tardò a diffondersi in Europa, ed una serie di brillanti scoperte, mediante le quali spinse l'anatomia ad un grado di perfezione iguoto fin allora, lo fecero eleggere successivamente membro dell'Accademia dei Curiosi della natura, della Società Reale di Londra, e finalmente, nel 1727, dell'Accademia delle scienze ' di Parigi. Swainmerdam, amico suo, avendogli co-: municato il segreto d'injettaro i cadaveri con cere colorate, lo perfezionò, giunse a rendere visibili le ultime ramificazioni de'vasi più sottili che i ra-gnateli, e trovò in pari tempo il modo di preservare le carni dalla putrefazione. Egli non risparmiò nè cure nè spese per procurarsi un gran numero di cadaveri, che preparò poi con gran cura e che j collocò nel suo famoso gabinetto, una delle mara-I viglie di Amsterdam ; visitato da tutti gli stranieri, questo gabiuetto fu trasportato nel 1717 a Mosca i per ordine di Pietro il Grande, cbe lo aveva com-, prato uel 1698. « Tutti quei morti, dice Fontenelle, 1 senza disseccamento apparente, senza rughe, cont
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