Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
sS (poligr.). — Lettera consonante linguo-dentale che si pronunzia esse: è la decimasettima dell'alfabeto italiano, ultima delle semivocali. Siccome nell'articolata si manda fuori il fiato ristretto fra i denti, si chiama sibilante; ed ha due suoni: il primo più gagliardo ed agli Italiani più familiare, come cassa, asse, spirito; l'altro più rimesso, più dolce, come sposa, rosa, accusa, sdentato, sventato. In questo secondo suono non si raddoppia mai, né anche si pone in principio della parola, se non quando immediatamente ne segue una consonante, come smeraldo, sdentato. Posta in composizione coi suoi primitivi, ha forza molte volte di privativo (scalzare, da calzare ; smontare, da montare) ; alle volte di accrescitivo (sporco, da porco ; smunto, da munto); alle volte di frequentativo (sbattere, da battere) ; alle volte non cangia valore, sendo lo stesso campare e scampare, bandito e sbandito, beffare e sbeffare. Consente dopo di sè nel principio della parola tutte le consonanti, salvo la z. Nel mezzo della parola, e in diversa sillaba (quando peraltro questa fa composizione colla rimanente parola), riceve dopo di sé le medesime consonanti, ma più malagevolmente, e per lo più in composizione, colla preposizione dis o mis (disdetta, misleale) ; ma col c, p, t s'accoppia frequentemente senza difficoltà (tasca, cespuglio, presta). Quando è posta avanti al c,f,p,t si deve pronunziare nel primo modo, cioè nel suono più gagliardo {scala, 8forzo, vespa, studio, cesto) ; ma avanti al b, d, g, l, m, n, r, v si pronunzia col suono più sottile o rimesso (sbarcare, sdegno, sguardo, slegare, smania, snella, sradicare, sventura). Avanti di sè ammette la l, n, r in mezzo della dizione e in diversa sillaba (falso, mensa, orso). Raddoppiasi nel mezzo della parola come le altre consonanti, dove lo ricerca il bisogno.
AvvertiuUno essere l'articolazione della s linguo-dentale, ossia formata coll'ajuto della lingua e dei denti, perchè consiste in un suono che producesi colla rapida sortita del soffio compreso tra il margine dei denti incisivi superiori e la parte auteriore del dorso della lingua, appoggiandosi sugl'incisixi inferiori. Deriva dal sigma dei Greci, originato dal samek dei Fenicii, coll'avvertenza però che tanto nella scrittura di questi ultimi, quanto in quella degli Ebrei ed Arabi, corrisponde nel tempo stesso a. due differenti segni, trascrivendo noi con s ora il samek ed ora il sin dei primi ; ed ora il sin ed ora il sad dei secondi. Del resto anch'esso il sin o scin degli Ebrei aveva due valori, i quali furono Nuova Encicl. Ital. ~ Voi.
determinati dopoché s'introdussero i punti vocali nell'alfabeto, ciò che risale al sesto secolo dell'èra. La pronuncia dello sci riesce difficile ai bimbi nelle lingue di stipite latino, e sono ben rari quei bimbi che profferiscano in italiano sciarada, scena,scienza, sciocco, anziché sarada, sena, senza, socco; ed in francese sat e sien per chat (gatto) e chien (cane). Per quello concerne il sad degli Arabi, distinguesi il medesimo dal loro sin per il grado particolare di forza od enfasi con cui si emette la prima di co-teste due consonanti. Somigliante distinzione esiste anche fra i due s dell'alfabeto sanscrito, ed alcuni indianisti o sanscritisti valgonsi del segno greco dello spirito lene sovrapposto all'* per denotare la differenza dell'uno dall'altro nella trascrizione delle parole colle lettere dell'alfabeto latino. Gli è facile riconoscere nella forma dell's latino quella deU^roa minuscolo (c), ed eziandio quella del samek; per rinvenirvi poi parimente quella del sigma maju-scolo, avente la forma di un M majuscolo coricato sur un lato (2), fa mestieri risalire alla storia della trasformazione di quest'ultima fino ai zigzag della corrispondente lettera fenicia, i cui angoli, arrotondandosi, finirono col presentare il segno serpeggiante dell'* latina. Nell'alfabeto ebraico il nome del samek significa fulcro, sostegno, e quello del sin dente; nè si sa dove il fantastico filologo Court de Gébelin potè rinvenire la peregrina notizia che l'intonazione sibilante dell'* indicasi nell'alfabeto primitivo con una sega, aggiungendo però tantosto che indicasi puranco col disegno di una mascella inferiore, significando questa tutto ciò che serve a stritolare, a macinare. Ciò premesso, ecco i cangiamenti che subisce l's:
1° Scambiasi in parecchi casi con dt come si disse a suo luogo (V. D).
2° Con th ed sth, come nel dialetto degli antichi Spartani, in cui Szóq, Tipóreo?, 'AO^vata scambiavansi in otóp, Ttjxrfosop, 'Acavata; per la stessa ragione invece di Tuirroj«o8a, ecc., dicevano semplicemente "cu7rcójx£8a, ecc. Così nell'inglese seri ve vasi anticamente loveth (ama), hateth (odia), ma oggidì scrivesi invece loves, hates.
3° Con t, per cui le forme attiche «p^ai, faccov, IloaeiSwv, Dori Sav, tu ; e le parole tedesche das (questo, ciò), was (che, qual cosa), es (quello, quella co8a), wasser (acqua), hassen (odiare), essen (mangiare) diventano in inglese that, tohat, it, water, hate, eat.
4° Con z; cosi l'isola greca ZóxuvOo; (Zante) fu la madrepatria di Sagunto nella Spagna, e le diede XIX. 60
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