Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      SABACONEd'Ac&ba, ramo del Mar Rosso. Poco appresso l'assunzione al trono di Giustino I atterrò Vascendente dei monofisi ti, e Saba fu inviato dal patriarca Giovanni a pubblicare nelle città di Palestina la lettera imperiale che riconosceva il Concilio di Calce-donia. A novant'anni Saba fece un altro viaggio a Costantinopoli, ove ottenne da Giustiniano I imperatore la remissione delle tasse per la Palestina, a cagione dei guasti prodotti da una rivolta dei Samaritani, circostanza notevole nell'istoria oscura di quel popolo. Egli ricevè anche molti donativi pei suoi monasteri. Saba mori nel suo monastero di Magna Laura in età di novantaquattr'anni (532) con fama di santità. Era un uomo di grande energia, e gittossi intrepidamente nell'agitazione cagionata dal grande scisma monofisita; nò pare che l'età punto allentasse il suo ardore.
      Nel 1603, 1613 e 1643 fu stampato a Venezia un ufficio o liturgia della Chiesa greca, intitolato: Tu-
      thx&v Beai àffio iwpct^ov iraaav r^v SidcraJ-tv tìj; £xxXr,-
      marrtxSjc àxoXwOfx? tou ypóvou #Xou : Typicum, f'avente Beo, continens integrum offxcii ecclesiastici ordineni per totum annum. È una compilazione dell'opera primitiva, descritta da Cave come: Typicon ttj; fxxXtataorowjc àxoXouOfac, Sanctce Lauree in Rieroso lymis, quod et in aliis monasteriis Hierosolymi-tanis aliisque Ecclesiis obtinet ex Prcescriptio S>. Sabce capita L1X complexum (Bist. litt. dis-sert. secunda de libris Eccles. grcec.). Questo Typicon è descritto altrove da Cave, come scritto da san Saba e adoperato in tutti i monasteri di Gerusalemme ; ma Oudin afferma che esso è grandemente interpolato e che non è probabilmente opera di Saba, ma ricevette il nome di lui, perchè conformato all'uso del suo monastero. Il suo supposto, che il Typicon fu una falsificazione di Marco, soprannominato Amartolo (Peccatore), è improbabile. 11 titolo dell'opera in greco, qual trovasi in un manoscritto di Vienna, citato da Oudin: Tuxtxòv -nfc lxxX"ifjaiowmx5j? dxoXou8{a? t5j? £v 'lepoffoXufxoic Aoupot? tou 6Seospópou rcarpòs f,awv 2a66at: Typicon S. ordo oflxcii ecclesiastici monasterii Hierosolymitani sancti Patris nostri Sabce, indica, non che l'opera fu scritta da san Saba, ma soltanto che la è conformata alla pratica del suo monastero.
      Vedi: Cirillo Scitopol., Sancti Sabce vita, apud Coteler., Eccles. grcec. monum. (voi. ni) — Cave, Hist. litter. ad annum 484 — Oudin, Comment. de script, eccles. (voi. ì, col. 1394) — Tillemont, Mém. (voi. xvl).
      SABACONE (lat. Sabacon, gr. 2*6Sabacone primo re della xxv dinastia etiope, che regnava nell'Egitto l'anno 719 a. C. (vedi Ro-sellini, Monumenti, ecc., tom. ìv, p. 175). I suoi cartelli sono composti del prenome re nefer ha (il che si spiega, Sole, buono di offerte) ; e del nome di famiglia Scia ba ha (che s'interpreta come collezione di sillabe per formare il nome somigliante della parentela etiope). Il sno nome, come quello degli altri due re etiopi, si trova nella xxv dinastia nelle liste di Manetone recate dall'Africano e dall'Eusebio. Erodoto e Diodoro scrissero anch'essi che Sabacone etiope s'impadronì del trono d'Egitto, cacciando il legittimo re (Anysis) e ritenendo per molti anni l'impero, finché ammonito in sogno cheper conservarlo avrebbe dovuto mettere a morte tutti i sacerdoti, Sabacone volle piuttosto ritornare in Etiopia e rinunziare al regno, che seguire un cosi crudele consiglio. Si aggiunge da Diodoro che egli fu re pio e clemente, e che abolì la pena capitale, commutandola nella condanna ai lavori pubblici. Manetone però racconta che Sabacone, avendo fatto prigione il re Boccori, lo bruciò vivo. Questo re, essendo nei cataloghi manetoniani predecessore immediato di Sabacone, corrisponderebbe all'Auysis d'Erodoto. Ma di ciò non si trova cenno in Manetone. Secondo Diodoro, tornato che fu Sabacone in Etiopia, l'Egitto restò travagliato per due anni dall'anarchia. Queste storie se si dovessero ammettere, verrebbe tolto il luogo alla successione immediata degli altri due re etiopi Sebeko e Taraka. Perciò noi dobbiamo rigettarle, poiché questa successione ci viene attestata concordemente da Manetone e dalla Bibbia e dai monumenti contemporanei (vedi Rosellini, Monumenti storici, tom. ii, p. 105). Due sole memorie rimangono in Egitto di questo re: la prima consiste negli stipiti della porta principale del palazzo di Luqsor, la quale avendo Sabacone fatta restaurare, vi fece scolpire la sua immagine in relazione con egiziane deità. Ma il tempo ha molto danneggiate queste sculture. Due soli quadri vi sono ben conservati : nell'uno figurasi il re che viene a ricevere gli amplessi della dea Atbor. Sopra sta scritto, dal Iato del faraone: < Dio buono, signore dell'Egitto, Sciabak, vivificatore, come il Sole per sempre, ecc. ». Dal lato della dea: € Athor, signora del paese o della città (cioè di Tebe), dispensatrice di vita». Nell'altro quadro si rappresenta il re medesimo abbracciato da un'altra dea, cui la sovrapposta iscrizione qualifica per « Ta-mon (cioè Amun femmina) la grande, la principale che risiede nei troni di Of (Tebe) ». Sopra il faraone è scritto: < Dio buono, signor dell'Egitto, Sciabak ». La seconda memoria di questo re sussiste a Karnak, ove egli aveva fatto, per quanto apparisce, altri ristauri ; ma non può dirsi in che consistessero, perchè in quella porzione dell'edifizio che succede alla sala ipostile, e dove nessuna cosa rimane intiera, sorge isolato tra le rovine un frammento, che appartenne forse ad una specie di propileo. Questo essendo ornato di sculture del quinto Thutmes, vi fu aggiunta da Sabacone un'iscrizione, la quale rammenta alcuni abbellimenti fatti da lui in onore di Amonrè. Nella rarità de 'monumenti di Sabacone non si possono tralasciare due statuette, l'nna che Io rappresenta, l'altra che fu probabilmente da lui dedicata. La prima trovasi a Roma in una delle camere della villa Albani. È fatta io durissima e preziosa pietra verdastra, cbe chiamano prasma di smeraldo, alta circa un mezzo metro, e rappresenta l'immagine seduta del re, come lo dimostra l'iscrizione tagliata sopra la base, ove si legge «re Sciabak, diletto'da Amonrè». L'altra, è una piccola statuetta, egregiamente scolpita in fina pietra calcarea bianca, alta circa 15 centimetri, e rappresentante il dio Ammon-Cnufi. fissa apparteneva nell'anno 1829 al cavaliere d'Anastasy, presso il quale fu veduta da Rosellini, e fatta disegnare in Alessandria. L'iscrizione del dorso esprime: « Percuoti coll'arme della mano tua i bàrbari, o
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 3)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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