Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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grazie (Plin., Eist. nat.y xxviii, 2). Il baDditore intimava silenzio; il sacerdote esaminava scrupolosamente tutte le membra della vittima, per vedere se era sana e per conoscere se era buona anche nell'interno, mettevale innanzi da mangiare, perchè se prendeva cibo era ammessa, altrimente, rifiutata. A fine di convincersi che questo sacrifizio era accetto agl'Iddii, il sacerdote faceva passare il coltello lungo la vittima, dal capo fino al dorso, e se in cosi fare essa si agitava, voleva dire che gl'Iddii non erano favorevoli. Quindi tornavasi a pregare ; il sacerdote empiva una tazza di vino, la metteva alle labbra, la presentava agli astanti e spargeva le ultime goccio tra le corna della vittima. Con tre dita prendeva incenso ed altri profumi nel turibolo, e li metteva sull'altare e sul capo della -vittima (Ovid., .Fasi., lib. u); poi versandovi l'acqua lustrale sul dorso, vi poneva alcune focaccia, delle quali consacrava il rimanente sull'altare con altra preghiera; ed a tal punto il sacerdote, od in mancanza di esso la persona più ragguardevole tra gli astanti, colpiva l'animale (Hom., Odyss.) ed immer-gevagli il coltello nel collo. Se l'animale sottrae-vasi al colpo, stentava a morire o spirava tra violente convulsioni, si teneva come non accetto agli Iddìi, ed era uno dei più sinistri presagi. Mentre Bquartavasi la vittima e preparavasi il rogo, il sacerdote immergeva nelle viscere il suo coltello (Euripid., Eleut., v, 826) per leggervi la volontà degl'Iddìi. Il sangue versavasi in un vaso che si collocava poi sull'altare. Per avvivale il fuoco, lo si aspergeva di olio e d'incenso, e cosi andavasi consumando sull'altare l'offerta riservata agl'Iddìi, cioè le coscie dell'animale che si avvolgevano di grasso, affinchè ardessero più facilmente, giacché allora solamente si credeva che il sacrifizio fosse accetto, quando nulla più rimaneva di questa offerta in olocausto. Intanto cbe la vittima abbruciava, il sacerdote stendeva le sue mani sull'altare ed inalzava preghiere agl'Iddìi. Talvolta la solennità veniva animata da armonici concenti (Plut, Symp.t ii, 9), massime quando si facevano omaggi alle divinità dell'aria, le quali supponevansi amanti della musica.
Si facevano pure dei cori intorno all'altare, si ballava al canto d'inni divisi in varie parti, cioè la strofe mentre il coro danzava dall'oriente all'occidente, l'anti8trofe che danzavasi tornando dall'occidente all'oriente, e l'epodo che si cantava al posto davanti l'altare. Il più comune degli strumenti musicali, che si suonassero nei sacrifizi, era il flauto; onde l'espressione proverbiale di «OXìtou pfov ^v, per indicare coloro i quali vivevano alle spalle altrui, perchè i suonatori di flauto ricavavano sempre buona provvigione di carni dai sacrifizi (Suida, 8. v. AuX^'t.). Il sacerdote aveva nei sacrifizi parte stabilita. In Atene i magistrati detti •rcpuravei; avevano diritto ad un quinto. A Sparta, la miglior parte della spoglia delle vittime apparteneva agli arcageti. Ciascuno degli astanti si prendeva per buon augurio pezzo della vittima; e quest'uso era anche passato in legge presso gli Ateniesi. Le persone avare vendevano la parte che toccava loro; e talvolta la si mandava agli amici assenti (Teocr., ldyll., v, 130;. Per lo più il sacri-
fizio terminava con un banchetto nel tempio stesso. Nei sacrifizi di Vesta si facevano sparire anche le ultime traccio del banchetto, che doveva finire prima del tramonto del sole. In tutte le città era prescritto un determinato tempo (Athen., Dipno-soph.y lib. iv e v) ; quindi si facevano giuochi, dopo i quali si ritornava all'altare per offrire una libazione a Giove il perfetto (T&eioc). Fatto un solenne rendimento di grazie, il banditore licenziava l'adunanza colle parole: Xoiotc £?eApul., Met., lib. ult ). Ed ecco quali Sono le leggi della Grecia circa i sacrifizi: c Nei sacrifizi si offrano frutti della terra ». Era una legge di Trittolemo (Porphyr., Dtpi twv — « Si onorino pubblica-
mente gl'Iddìi e gli eroi della patria ; ed all'anniversario loro si offrano particolarmente ed anzitutto frutti e focaccia » (Legge di Bracone; Porpliyr., I. c.). — « Il valore del montone offerto agl'Iddìi sia d'una dramma, quello del medimno d'orzo di diciotto dramme » {Legge suntuaria di Solone; Plutarco, in Solon., p. 91). — « Le vittime offerte in sacrifizio siano scelte » (id.). — c Colui il quale fa un sacrifizio, rechi alla sua famiglia parte dell'offerta » (Schol. ArÌ8toph. in Plut., v, 227). — « Il rimanente del sacrifizio appartenga al sacerdote » (Id. in Vesp., v, 693). — € Non si sacrifichi nelle feste Aloe ( 'AXGa) alcuna vittima in onore di Cerere e di Bacco » (De-most, in Necer.) — « Al principio di ogni mese si celebrino sacrifizi» (Liban., Beclam. vili, p. 328; Athen., lib. vi), — ci congiunti scelgano ogni anno fra gli abitanti illegittimi od i discendenti loro un sacerdote per ufficiare nei sacrifizi mensili » (Athen., lib. vi, c. 6). — c Non si offrano buoi ai Mani > (Plu-tarc., in Sol., p. 90). — < Due pubblici uffiziali facciano sacrifizi per io Stato ; ed affinchè questi arcageti possano inalzare voti al cielo, sia come privati, sia in nome della Repubblica, lo Stato assegni a ciascuno di essi il primo ed il settimo giórno d'ogni mese una vittima ed una data quantità di vino e di farina d'orzo » (Herodot. ; Xenoph., Bi8t. grcsc., lib. in).
I sacrifizi dovevano consistere in cose di poco valore; e Licurgo ne dava per ragione « essere inconveniente che la povertà impedisse alcuno di onorare gl'Iddìi » (Plutarc., in Lyc.\. A detta di Plutarco, i Romani non immolavano in principio animali nei loro sacrifizi. Numa, essendo pitagorico, aveva loro raccomandato di offrire agli Iddìi solamente frutti della terra, focaccie di frumento o di orzo, vino, latte, miele ed altre cose simili; ma non andò guari che imitarono i Greci nei loro sacrifizi ed in tutte le crerimonie ad essi relative. Siccome riverivano un numero sterminato di divinità grandi e piccole, avevano pure infinità di sacrifizi, e ciascuna aveva sue vittime favorite. Tuttavia i loro sacrifizi possono ridursi a tre sorta: pubblici, che si facevano in nome ed a spese della Repubblica,la quale forniva le vittime; particolari, che si offrivano in nome delle famiglie, ed i genitori lasciavano ai loro figli; stranieri, che si offrivano solamente agl'Iddìi delle città e delle Provincie conquistate quando i Romani li ebbero recati a Roma. I sacrifizi prendevano nome dalle congiunture o dai luoghi in cui si facevano: dicevasi sacrificium atnbarvale quello per le feste dellat^ooQle
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