Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
SACRIFIZI
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ha riscattato gli nomini dalla schiavitù del peccato, e per tal sacrifizio egli stesso è stato sulla croce vittima e sacerdote. 11 sacrifizio della croce adempie i quattro fini di qualsivoglia sacrifizio, i quali sono: riconoscere l'autorità sovrana di Dio, implorarne l'ajuto, ringraziarlo dei favori suoi e soddisfarne la giustizia. Il sacrifizio eucaristico è la rappresentazione simbolica e la ripetizione incruenta del sacrifizio della croce. Ma ora sentiamo le parole del Bossuet. c II sacrifizio dei cristiani è infinitamente diverso da quello praticato nella legge antica: sacrifizio spirituale e degno del nuovo patto, in cui la vittima presente è veduta solamente dagli occhi della fede, in cui il ferro è la parola che separa misticamente il corpo ed il sangue, in cui questo sangue per conseguenza non è sparso che in misteriosa guisa, e la morte non entra che qnal raffigurazione: ciò non ostante verissimo sacrifizio, in quanto che Gesù Cristo è veramente contenuto e presentato a Dio sotto questa figura di morte; ina sacrifizio di commemorazione, che, ben lungi dal distaccarci, come altri a torto arguisce, dal sacrifizio della croce, ad esso ci accosta per mezzo di tutte queste condizioni, giacché non solamente vi si riferisce tutto quanto, ma infatti esso non è e non sussiste che per questo riferimento e ne trae tutta la virtù » (Exposit., ecc.). Solamente i vescovi ed i sacerdoti possono offrire il sacrifizio della Messa. I ministri i quali, secondo il Concilio di Trento, entrano nella gerarchia ecclesiastica, cooperano più o meno alla celebrazione dei misteri sacri. Il sacrifizio eucaristico non applica ai fedeli i meriti della morte di Gesù Cristo che quando essi sono animati dai sentimenti di fede, di contrizione e di carità. Bisogna che in essi si faccia il sacrifizio di un cuore contrito ed umiliato, senza cui nò ebreo, nò cristiano può o potrà mai offrirne alcuuo che gli torni profittevole (Psal. 50, 19, 39, 7, 8; Isaia, i, 11, 12, 13).
IV. Sacrifizi di vittime umane. — La maggior parte dei popoli hanno immolato vittime umane. Fenicii, Egizi, Arabi, Cananei, abitanti di Tiro e di Cartagine, Persiani, Ateniesi, Lacedemoni, Jonii, tutti i Greci del continente e delle isole, Romani, antichi Brettoni, Ispani, Galli, sono stati tutti ugualmente ingolfati in quest'orribile superstizione. 11 re di Moab offrì suo figlio in olocausto sulle mura della sua capitale invasa dagl' Israeliti, onde volgersi favorevoli gl'Iddìi ; e gli assedianti s'inorridirono tanto per si barbaro atto, che tosto se ne andarono di là (IV Reg., ìv, 27). Non si può non essere compresi da fremito d'orrore leggendo negli autori sia antichi che moderni la descrizione dei sacrifizi umani usati fin dai tempi più antichi in tutta la gentilità, ed ancora al presente alle Indie e nell'interno dell'Africa. Ignorasi chi sia stato il primo a consigliare si atroce barbarie; ma sia stato •Saturno, come si trova nel frammento di Sanco-niatone, oppure Licaone, come Pausania sembra indicare, egli è certo che si orribile usanza mise larghe e profonde radici. L'immolazione delle vittime umane era una delle abbominazioni rinfacciate da Mosè agli Amorrei. I Moabiti sacrificavano fanciulli al dio Moloch; la qnal crudele costumanza invalse presso i Tirii ed i Fenicii. Gli stessi Ebrei
l'avevano presa dai loro vicini. Dalla Fenicia passò in Grecia, d'onde i Pelasgi la recarono in Italia. Plinio afferma che l'uso d'immolare vittime umane durò fino all'anno 95 dopo Cr.. e fu abolito da un senHtusconsulto dell'anno 657 di Roma. Tuttavia si hanno prove che si usò ancora nei sacrifizi di alcune divinità, fra cui Bellona. Gli editti da varii imperatori ripetuti non valsero a raffrenare questa funesta superstizione, e rispetto al sacrifizio di vittime umane prescritto in conseguenza dei versi sibillini, Plinio afferma averne veduto esempi. Le testimonianze di Cesare, di Plinio, di Tacito e di parecchi altri accurati scrittori non lasciano dubbio che i Germani ed i Galli non immolassero vittime umane, non solamente nei sacrifizi pubblici , ma ancora in quelli che si offrivano per la guarigione dei privati. Uno dei dommi stabiliti dai Druidi era la necessità di questi sacrifizi , fondata sul principio cbe gl'Iddii non possono essere soddisfatti che per mezzo di un cambio, e la vita di un uomo è il solo prezzo atto a riscattar quella d'un altro. Nei sacrifizi pubblici, in mancanza di malfattori s'immolavano persone innocenti. Nei sacrifizi privati scannavansi spesso persone volontariamente consacratesi a questa maniera di morte.
Incontraci presso i Greci, sebbene più raramente che in parecchie altre coutrade, sacrifizi di vittime umane. La favola di Licaone d'Arcadia, tramutato in lupo perchè aveva offerto a Giove uno di questi odiosi sacrifizi, fa testimoniauza dell'orrore che questa terribile usanza metteva già negli animi degli antichi (Pausan., Arcad.). Gli esempi che se ne potrebbero addurre non appartengono che a secoli più remoti (Plut, in Them.; Virg., 2En., x). Bacco ebbe in Arcadia un altare ove erano sacrificate giovinette, uccidendole a colpi di verghe. A Lacedemone venivano talvolta uccisi in siinil guisa fanciulli sull'altare di Diana Ostia (Cic., Tusc., i«, 14; Stoec., De Provid., iv; Theb., in, 437). I Romani, secondo un'antica legge di Romolo, detta lex proditionis, consacravano a Plutone ed agli Iddii infernali le persone ree di certi delitti, siccome il tradimento e la ribellione, e per conseguenza chiunque poteva ucciderli impunemente. Un console , un dittatore, un pretore non solamente poteva dedicare se stesso, ma altresì qualunque cittadino appartenesse ad una legione. Questi magistrati avevano diritto di farli scannare siccome vittime di espiazione (Tit. Liv. , viti, 10). Sembra che nei primi secoli della Repubblica si sacrificassero ogni anno vittime umane (Macrob., Saturn.y r,7); ma questa orribile costumanza non fu più eseguita dopo l'anno 657, in cui venne per decreto del Senato formalmente abolita. Tuttavia gli storici citano ancora due persone immolate come vittime nel campo di Marte dai pontefici con tutte le solennità usate, e ciò al tempo di Giulio Cesare (ann. urb. 708; Diod., xun, 24). Questo fatto conduce a congetturare che il decreto menzionato da Plinio non era imperativo che rispetto ai sacrifizi particolari ed ai riti sacri e magici cui allude Orazio {Epod.t v). Augusto, poich'ebbe costretto Antonio ad arrendersi a Perugia, ordinò fossero immolati come vittime sull'altare di Giulio Cesare, agl'idi di marzo, quattrocento senatori o cavalieri parti tanti
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