Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo

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      SA LENTO - SAT.EPnella japigica penisola, e quindi gli è probabile cbe i Salentini sieno qui confusi coi Peucezii, con cui hanno essi, secondo alcune relazioni, la più stretta affinità (Plin., in, 11, s. 16). Ma il nome ?iene poscia adoperato con facilità ancor maggiore da Livio, laddove parla di Turio, città dei Salen-tini (urbem in Salentinis, x, 2), seppure, come sembra fuor di dubbio, il luogo ivi indicato sia !a ben nota città di Turio nella Lucania.
      Il nome dei Salenti ni non ricomparisce più nella storia fino alla quarta guerra sannitica, quando entrarono anch'essi nella federazione formata dai Sanniti e Tarantini contro Roma, e parteciparono alla costoro sconfitta cagionata dal console L. Emilio Barbola, nel 281 av. Cr., leggendosi cbe costui celebrò il suo trionfo per le vittorie sui Tarantini, Sanniti e Salentini (Fast. Capit., ann. 473). La comparsa di Pirro sul suolo italico fece si che per qualche tempo i Romani fossero distratti dal volgere la loro attenzione ai nemici inferiori ; ma quando quel re, disingannato e sbaragliato, si ritrasse finalmente dall'Italia e Taranto stessa cadde in podestà dei Romani, ebbero questi agio di volgere le loro armi contro le poche tribù che mantenevano ancora la loro indipendenza. Nel 267 av. Cr. fu dichiarata la guerra ai Salentini, ed am-bidue i consoli furono spediti contro di essi, che vennero soggiogati l'anno susseguente, in cui entrambi i consoli celebrarono di bel nuovo il loro trionfo sui Messa pi i e Salentini (de Messapiis Salr lentinisque. — Fast. Capit.; Zonar., vm, 7: Liv., Epit., xv ; Fior., i, 20; Eutrop., n, 17). Tutti gli autori romani ricordano in simile circostanza i soli Salentini ; ma i Fasti Trionfali vi aggiungono anche i Messapii, e gli è certo che gli uni e gli altri furono inchiusi tanto nella guerra, quanto nella conquista, perchè Brindisi che viene chiamata da Floro capitale della regione, e la cui occupazione fu evidentemente l'oggetto principale della guerra (Zonar., I. c.ì, sembra essere stata in quel periodo certamente una città messapica. I Salentini vengono mentovati di nuovo come ribellantisi ad Annibale durante la seconda guerra punica (nel 213 av. Cr.), ma sembra che sieno stati ridotti di bel nuovo in servitù senza difficoltà (Liv., xxv, 1 ; xxvn, 36, 41). Da cotesta epoca in poi scomparisce dalla storia il loro nome, e non si rinviene neppure fra quelle genti italiche che diedero di piglio alle armi nella guerra sociale. Ma l'agro salenti no (Salenti-nus ager) continuò ad avere la prisca sua denominazione, e gli abitanti di esso vengono considerati e da Plinio e da Strabone come un popolo diverso dai loro vicini i Calabri ; e la regione sa-lentina viene indicata come un tratto particolare della Calabria, anche ai tempi dei Longobardi (P. Diac., Eist. Lang.y n, 21 ; Cic., prò Rose. Am 46; Mela, n, 4; Ptol., nr, 1, § 13; Plin., in, 11, 8. 16; Strab., vi, p. 277). Nell'articolo Calabria si parlò già delle qualità fisiche e della topografia del paese dei Salentini, e qui ci basterà registrare con Plinio cinque città salentiniche, distinte dalle calabriche propriamente dette; sono esse: Alezio (Aletium, oggi Santa Maria della Lizza, ad 8 chilometri da Gallipoli, nella provincia di Terra d'Otranto); Basta (oggi Vaste, a 16 chilometri da 1
      Otranto), Nereto (Neretum, oggi Nnrdò, a 15 chilometri da Gallipoli), Ussento < Uxentum, oggidì Ugento. a 26 chilometri dal Capo di Lruca), e Ve-reto ( Verefum. oggi Santa Maria di Vereto). L'elenco di Tolomeo concorda quasi con quello di Plinio, tranne che vi è aggiunta Rudia. notevolmente più al N., e considerata città calabra da rispettabili autori. Il luogo detto da lui Banot*, si è probabilmente la Basta di Plinio. A queste città dell'interno si ponno probabilmente aggiungere i porti marittimi di Gallipoli (Callipolis. oggi Gallipoli); Campo di Minerva (Castrum Minerva, oggi Castro) e forse anche Idrunto (Hydruntum, oggi Otranto), sebbene paja che questo avesse ricevuto fino dai tempi più antichi una greca colonia. Gli è però probabile che in epoca più lontana il territorio dei Salentini sia stato assai più esteso. Stefano Bizantino parla di una città detta Sallenzia (Sallentia). da cui il nome Sallentini: ma non se ne fa cenno in alcun altro autore, ed è forse uno sbaglio.
      SALENTO (geogr.). — Già Sala di Gioj, comune del circondario di Vallo della Lucania, provincia di Salerno, con 117.< abitanti.
      SALEP (farm.). — Il salep è il bulbo dell'orcto masctda, ma può essere preparato coi bulbi di molte altre orchidee.
      Quello di Persia proviene dall'Asia Minore e dalla Turchia: ma quei farmacisti i quali abitino in luogo, nei cui dintorni crescano orchidee, possono prepararlo da s medesimi, facendo raccogliere le piante nel tempo in cui cessò la vegetazione esterna, cioè verso la stagione invernale. Presi i bulbi freschi, si monderanno dalle radichette, si laveranno e s'infilzeranno come i paternostri, e si porranno a bollire nell'acqua, che dev'essere in grande copia, seguitando a bollire fino a tanto che si vegga che qualche bulbo comincia a spappolarsi. In allora si ritireranno le filze dall'acqua, e si collocheranno al sole od in istufa a seccare. Col mezzo della cottura ' bulbi divengono pellucidi, e perdono certo odore disgustoso che hanno naturalmente. Il bulbo delle orohidee è formato di grandi celiale, eineos-date da un meato denso poco trasparente, il quale è composto da un vero tessuto pieno di granelli amidacei, di cui le cellule sono prive. Queste costituiscono la parte principale del salep. Sono insolubili ma di grande attitudine a gonfiarsi nell'acqua, tanto da potersi somigliare alla gomma adragante.
      Si usa come analettico blando. Se ne mescolano due grammi (in polvere) in una tazza di brodo e nel latte; si usa anche come mucilaginoso nelle diarree, nelle tossi secche e infiammatorie e casi simili.
      Affine di renderlo in polvere si fa macerare per dodici ore nell'acqua fredda, si toglie, bì asciuga con pannolino rude, e si pesta in mortajo di ferro affine di romperlo in grossi pezzi. Si pone a seccare nella stufa, indi si polverizza per via di contusione. Si può anche polverizzare senza uopo di immollarlo nell'acqua; ma occorre in questo caso cbe si getti via la prima polvere, la quale suole essere alquanto colorita.
      Si usa in forma di gelatina, di tisana e di cioo» colatte.
     


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Nuova Enciclopedia Italiana - Volume XIX (parte 3)
Dizionario generale di scienze lettere industrie ecc.
di Gerolamo Boccardo
Utet Torino
1885 pagine 1280

   

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