Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
„ SAMO
1163
del deserto a sette giornate da Tebe, ricettacolo di civiltà greca scoperto dall'esercito di Cambise nell'invasione ch'esso fece di quel continente (Herod., ni, 20). Strettamente connessa col biro traffico in Egitto è la storia dell'arte primitiva di Samo. Quivi uua scuola di scultori, incominciando da lleco e suoi figliuoli Teodoro e Telecle, secondo Plinio (xxxv, 43), assai prima dell'espulsione dei Bacchidi da Corinto, continuò fino al tempo di Policrate < Mal ler, Archceolog. der Kunst% 90, 71). Auche nelle arti sorelle del l'archi te itura e della pittura si segnalarono i Samii. Beco, del quale già facemmo menzione, edificò l'Ereo o tempio di Giuuone. il più grande che Erodoto avesse mai veduto (m, 60). Manerocle, Samio, fu quegli che edificò il ponte sul Bosforo per Dario lstaspe. Di Califoute, Ti-mante e altri pittori samii parlano Pausania e altri. che si possono vedere nella summeutovata opera di Panofka. Molte pure e curiosissime sono le medaglie di Samo, di cui le più antiche hanuo la testa di un leone o d'un toro, e sul rovescio uu cinghiale alato o una prua di nave. Sulle medaglie imperiali, la cui serie va fino a Salonino giuniore, si veggono rappresentate Giuuoue co'suoi attributi, Nettuno. Vulcano e Miuerva; e in alcune ve-desi anche Pitagora, che fu nativo di Samo.
Sotto l'Impero bisantino quest'isola fu fatta capo di un tema; nell'ottavo secolo veune saccheggiata e presa dagli Arabi e racquietata da Leone nel xiu. Presela per breve tempo un capo turchesco per nome Zaca, ma gliela ritolse poco poi Giovauui Duca. Venne in poter dei Veneziani, poi dei Genovesi; e alla presa di Costantinopoli (1453) fu saccheggiata da Maometto li. Selim concedette ad uno de'suoi sudditi, Kilisk Ali Bassa, di colonizzare l'isola, stantechè la popolazione era scemata d'assai per le frequenti invasioni dei pirati. Fu poi sempre soggetta a) dominio turchesco, dal quale cercò indarno di liberarsi durante l'ultima rivoluzione greca, a cui non vollero preuder parte l'arcivescovo ed il clero.
La forma di quest'isola è irregolare e frastagliata. Trovasi disgiunta dal continente asiatico per via di uno stretto angusto della lunghezza di circa otto chilometri e non più largo di cinque, tutto sparso di piccole isolette. Attraverso all'isola corre da est in ovest un'alta montagna detta Am-pelo da Strabone, continuazione del promontorio di Trogilio e terminante all'estremità occidentale nell'altra di Kerkis, il monte Carcezio degli antichi e il punto più alto dell'isola.
Immediatamente rimpetto al Capo Santa Maria, tra i fiumi Metelenoso e Imbrasio, vi è il porto di Tigani, antico porto della città di Samo, che ha un molo artifiziale correntegli attraverso dal nord al sud. Erodoto parla di un immeuso molo di questo porto, ch'egli ha per una delle cose più cospicue dell'isola. Alquanto fra terra, a sette chilometri circa da Capo Santa Maria, vi è il sito dell'antica città di Samo. 11 Pococke (Travcls in the East) ne dà una pianta, da cui apparisce che essa era situata all'ovest del porto, in parte su di nna pianura e in parte sul lato meridionale del monte Ampelo. Le mura, di cui sonovi ancora avanzi, sono incassate di bianco marmo e sostengono torriquadrate. Fra queste mura sono le rovino di uu teatro con sedili fabbricati nel fianco di un monte. All'ovest della città, verso l'imbrasio, sonovi gli avanzi di un acquedotto, che non sembra essere il mentovato da Erodoto (in, 60), il quale traversava uua montagna, ed era una delle tre opere ch'egli aveva per più notabili in tutta l'isola. Del gran tempio di Giunone più non si vede alcun avanzo fuori di un capitello e un piedestallo, che si trovano intagliati nel Tournefort ( Voyage du Levant).
Uni»petto all'antica città, ad un chilometro circa da essa, ovvi la moderna città di Cora, o MeyaX} X*>p«. la più grande dell'isola, che al tempo di Pococke conteneva dodici chiesette e dugento e cinquanta case incirca. Al mezzodì della città ò una gran pianura chiamata Megaiompo, che divenne uua palude stagnante. All'ovest di Cora vi è il fiume Imbrasio, sulle cui sponde giace il piccolo villaggio di Mili. Alla foce di questo fiume la terra si distende ed allarga verso il mezzodì, terminando nel Capo Colonna, di rincontro all'isoletta di Samo-pulo. All'ovest di questo promontorio giace il villaggio di Maratrocampo, a 48 chilometri circa da Patmo. A sette chilom. da Maratrocampo verso il nord evvi il villaggio di Castani. Camminando luugo la costa in una direzione di nord-est, si viene a Carlovassi, la città più considerevole dell'isola dopo Eora; ma con cattivo porto, esposto assai al vento di tramontana. A tre chilometri circa all'est di questa città, evvi il villaggio Fami, a 13 chilom. dal quale giace in una profonda baja la città di Vati, con buon porto capace di contenere una grossa flotta.
Montuoso ò il suolo di cotest'isola, ed era celebre appo gli antichi per la sua feracità, che non gli venne meno neppure oggigiorno. Nel 1831 subì desso un'alterazione, in forza d'un tremuoto, che rovesciò parte di un monte, e ne fece scaturire un fiume. Vi si coltivano cereali, ulivi, viti, cotone ed alberi fruttiferi, e vi si allevano greggi ed armenti e bachi da seta. Calcolasi il suo raccolto di olio, nelle annate buone, del valore di 600,000 lire, e quello delle uve per più di 1,200,000 lire. Possiede l'isola ferro, ocra, amianto, smeriglio, marmo e diaspro; ed esporta, oltre al vino ed olio, anche seta, lana e frutta ; anzi se il vocabolo commerciale samis, con cui indicasi anche oggidì una stoffa tessuta a lamine di oro e di argento, trae la sua origine da Samo, gli è molto probabile che la seta sia stata da lunga pezza uno degli oggetti precipui della sua industria. Plinio (in, 34) ricorda fra le sue frutta anche le melagrane ; ed ai nostri giorni vi abbondano invece i carrubbii, i cui baccelli si esportano per la Kussia, dove si adoprano per estrarre una bevanda spiritosa di poco prezzo. Dal-; l'esistenza del succitato monte Ampelo (IpmXoc, ; vite e vigna), si può arguire che il suo vino abbia , sempre goduto grande riuomanza fra gli antichi ; , ma ciò ripugnerebbe direttamente alle asserzioni , di Strabone, il quale afferma che, sebbene il vino , delle circostanti isole e dei tratti finitimi del con-tinente fosse assai buono, quello di Samo, per sin-, golare eccezione, non era tale. Ciò non ostante le I sue uve, col titolo di omomelidi od amamelidi (&u> 1 ,*r,X(£e;, éfMtji7iX(5e<;), vengono lodate da Ateneo (xiv,
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