Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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SAN CONO - SAND (AMANTINA, LUCILLA, AURORA DUPIN, DETTA GIORGIO)
p. 653; Pollux, Onomast.% vi, 11), e sono ai nostri dì uno de' suoi migliori prodotti. Il viaggiatore Ross vide una quantità ragguardevole di cotesti grappoli (tftacptSioc), che si appassivano al sole; ed altri autori parlano chiaramente del moscatello o vino moscato dolce, che si esporta da Samo iu gran copia. Vi abbonda il marmo, masi rompe in ischegge assai più facilmente che quelli di Pentelico o Paro. Uua delle pietre dell'isola serviva, secondo la testimonianza di Plinio, per ripulire od affiuarel'oro; ed in molti luoghi dello stesso autore vengono ricordate le varie proprietà medicinali della sua terra. Le samie stoviglie godevano in Roma molta riputazione, giusta le parole dello stesso Plinio, che le dice ricercatissime per i cibi (Samia etiamnum in esculentis laudantur. xxxv, 44); ed i moderni denominarono tradizionalmente cosi i vasi rossi lucidi che fabbricavano i Romani per gli usi domestici (Pliu., xxviii, 53, 77 ; xxxi, 47; xxxv, 19,53; xxxvi, 40; Marryat, Pottery and Porcelain, Londra 1850). I vasi delle fabbriche di Samo erano tanto comuni e volgarmente conosciuti, che ne nacque il proverbio popolare di portar vasi a Samo, per indicare una cosa fritta e rifritta. Riguardo alla flora ed alla fauna dell'isola, dobbiamo accouten-tarci delle notizie di Tournefort, il quale narra, fra le altre cose, che le tigri vi giungono a nuoto talvolta da Micale, monte della opposta riva, descrittoci da Cbandler come infestato da bestie feroci. I selvosi fianchi del monte Kerhis somministrano sempre legname da costruzione per le navi ; le rose e le frutta maturano in Samo due volte all'anno, secondo Ateneo (l. c.); e sappiamo daStra-bone che tale e tanta era la fecondità dell'isola, da rendere familiare fra i Greci il proverbio : prò duce perfino latte di galline ( Samo concentrasi oggi nella pianura al S., che conteneva il santuario di Giunone in una estremità e la città antica nell'altra. Finisce cotesta pianura al S. 0. in uu promontorio, che chiamasi dai Greci moderni, per le bianche sue rupi, àGenovesi denominato invece Capo Colonna, dall'unica colonna dell'antico Ereo, che rimane ancor ritta ivi dappresso. Virgilio asserisce (JEn., i, 46) che Samo occupava almeno il secondo posto negli affetti di Giunone, ed il suo tempio ed il suo culto contribuirono non poco alla fama e frequenza di Samo per parecchi secoli. Era il tempio di ordine jonico, decastilo diptero per la forma, lungo 115 e largo 62 metri (Leake, Asia Minor, p. 3i8). Non fu mai intieramente finito, od almeno la scanalatura delle colonne rimase incompleta come il fogliame sopra alcuni tratti delle nostre cattedrali. Ne fu architetto primitivo il samio Reco, ma la sua opera rimase preda delle fiamme, perchè il tempio fu incendiato dai Persiani. Dopo il ristauro fu saccheggiato dai pirati nella guerra mitridatica, e successivamente da Verre e da Marc'Autonio. Costui ne trasse a Roma tre statue, che si attribuivano a Mirone; Augusto restituì le due di Minerva e di Ercole, e conservò la terza, di Giove, per decorarne il Cam pidoglio. L'immagine della dea era di leguo, e si supponeva di Smilide, coetaneo di Dedalo, iniziat
ore delle arti be
lle per la Grecia, tredici secoliav. C. Ai tempi di Strabone, ossia al principio dell'éra volgare, il tempio colle sue cappelle era una perfetta pinacoteca, e la porzione ipetrica (V. Colonna) o scoperta era piena di statue (Orig.,
c. Celsum., 4); all'età di Tacito, 100 anni circad. O., godeva cotesto santuario del diritto di asilo (Tacit., Annal., iv, 4). Quando vi fece la sua visita Pausania, al principio del terzo secolo d. C., gli abitanti gli additarono l'arbusto di agnocasto, alla cui Ombra, sulle sponde del fiume Im braso, erede-vasi essere nata Giunone ; e quindi il fiume stesso si chiamò Partenia, ed Imbrasia la dea; ed il porto rimpetto al tempio si appellò porto Giunonite(^ 'HpaW Athen., v, p. 672; Apoll. Rhod., i, 187; Paus., I. c.). Sorgeva il tempio a 300 metri circa dal lido, secondo il Ross, che ne trovò tutte le fondamenta coperte di una massa di piccoli frammenti di marmo, fra cui eranvi pezzetti degli embrici rossi, con cui era stato formato il tetto del tempio; non vi scoperse egli nulla d'interessante, tranne un'iscrizione colla parola vaoitoTou (fabbricatori del tempio).
La città moderna, già mentovata, di Cora, attigua al passo che couduce per le montagne a Vati, è, come abbiamo detto, vicina all'area dell'antica città, la quale era posta in parte in pianura e parte sul declivio del monte. 11 muro occidentale corre in linea retta dal monte al mare, ad eccezione di una striscia verso l'interno, preBsole tombe di Radine (Rhadine) e Leontico ( Leontichus), la seconda delle tre correnti ricordate da Plinio (Etym. Magns. v. WaTUTiaXafe). 11 muro meridionale non tocca il mare in tutta la sua lungheiza, ed è fortificato coll'essere eretto sopra sostnizioni a vòlta ; e qui ed altrove le rovine di Samo si collegano colla questione dell' uso dell' arco presso i Greci. Dal lato E. della città sono le mura assai considerevoli, avendo da 8 a 4 metri di spessezza e 6 circa di altezza, quadrangolari in parte, odio parte poligone, con torri rotonde qua e là dal lato esterno del muro, e tracce di una porta in un luogo. Nella porzione E della città eravi l'erta cittadella di Astipalea, fortificata da Policrate, e qui fa probabilmente ciò che Svetonio chiama il palazzo di Policrate (Svet., Calig., 21; Polyaen., Strat., i. 23, § 2). Nel tratto più elevato della città vedesi distintamente il teatro; scomparvero i gradini di marmo, e sotto vi è una grande cisterna. L'area generale è coperta di piccoli frammenti, avendo servito i migliori e più grandi alla fabbrica del moderno castello del feudatario Licurgo, di cai diremo tra breve, vicino alla spiaggia al S. E. Beo poco rimane ancora di una città che fu, per testimonianza di Erodoto, sotto Policrate, la più grande delle elleniche o delle barbariche città, e la quale, anche all'epoca della comparativa sua decadenza, viene chiamata da Orazio la bella, la leggiadri Samo (concinna Samos. — Epist., ì, 11, 2). Erodoto fa menzione speciale del porto e di una immensa galleria, formante uu acquedotto per la città. 11 primo di questi lavori, che in greco mo* , derno chiamasi i^avi, per la sua forma di ud te-' game, è ingiù di Astipalea; e sebbene non sia ora accessibile che alle piccole barche, rimangono nondimeno i famosi suoi moli, l'uno stendetesi all'È.
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