Nuova Enciclopedia Italiana - Volume di Gerolamo Boccardo
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Raffaello Santi da Urbino (ivi 1829) — Rosini, Storia della pittura — Vasari, Vite dei pittori, scultori ed architetti (Firenze 1852, Le Monnier, voi, vm) — Duppa. Life of Raffaello Sanzio da Urjino, and the character of the most celebrated painters of ltaly, by Joshua Reynolds (Londra 1815) — Fuessli, Ueber das Leben und die Werke Raphael Sanzio's (Zurch 1815) — Mueller, Das dritte secular fest zum Andenken von Raphael Sanzio von Urbino am 1 aprii t820 (Mainz 18*20» — Toelken, Red e bei der Geddchtnissfeier Raphaels, welke zu Berlin den aprii von den Akademien der Kiin-ste, etc., begangen tourde (Berlino 1820) — Siret, RaphaSl et (Bierre Paul) Rubens et les peintres de leur école (Gaud 1849) — Odescalchi, Storia del ritrovamento delle spoglie di Raffaello Sanzio da Urbino (Roma 1833) — M. Minghetti, articoli nella Nuova Antologia, 1833.
SANZIONE (dal latino sancire, stabilire e consacrare; dir. cost.). — La voce sanzione (sanctio) indicò in origine confermazione, ratificazione e venne applicata specialmente ad indicare quel precetto col quale venivano rese inviolabili le leggi divine od umane, la minaccia d'una pena. Oggidì ancora la pena vien detta talvolta sanzione della legge; ma ne) siguificato più usuale la parola sanzione ba un altro valore; e di questo appunto veniamo a parlare.
Di due parti essenziali si compongono le forme adoperate a rendere obbligatorio un precetto legislativo, della sanzione e della Promulgazione (V.); e potremmo dire anche di tre, se volessimo distinguere la promulgazione dalla pubblicazione. L'importanza di tali forme per la validità, anzi per l'esistenza stessa della legge, fece sì che, nella costituzione politica degli Stati che voglionsi retti a libertà, fosse ognora problema gravissimo quello di fissare chi avesse diritto o dovere di sancire e di promulgare le leggi. Imperocché da tali atti e dalle guarentigie di cui sono circondati, dipendono la serietà e l'avvenire delle istituzioni liberali.
Nelle monarchie rappresentative spetta al re sanzionare e promulgare le leggi. E ciò è naturale: ammessa la forma monarchica, è conseguenza inevitabile cotesta reale prerogativa. Ma la questione sorge sulla maggiore o minor estensione di essa. Si domanda, in altre parole, se il re possa rifiutare la sua sanzione, possa porre il veto ad un progetto di legge già votato ed approvato dagli altri rami del potere legislativo.
Nel trattare la questione dal lato teori o, indipendentemente cioè da quanto può riflettere le leggi fondamentali o la pratica dei varii Stati, si suole risalire ai principii costitutivi del regime j monarchico rappresentativo. Da un lato i fautori di quella che chiamano monarchia sincera, partono dall'iilea che il re ha una parte decisiva nella costituzione come istituzione non solo, ma come persona, in quanto che posto nella sommità più elevata dello Stato, da dove può esaminarne e conoscerne meglio che ognuno i b sogni, egli ha una volontà più illuminata, una volontà che deve influire nei pubblici negozi. Se a lui si affida il supremo uffizio di firmare e promulgare le leggi, sarebbe contrario ad ogni regola di giustizia e di convenienza ne-
gargli di esaminare ciò che deve rivestire dell'autorità a lui propria. Non si può mettere il suo dovere alle prese con la sua coscienza, e forzarlo o a sottoscrivere e far sua una legge, che non crede buona, o a dare le sue dimissioni come l'ultimo degl'impiegati dello Stato. Posto a tutela delle ragioni monarchiche, destinato alla grande missione di mantenere nel popolo le idee della unità e della continuità dello Stato, e di rappresentarle di faccia all'estero, come rifiutargli ciò che è concesso a tutti, l'esame e il conseguente diritto di respingere ciò che si attiene ai più vitali interessi della monarchia, dello Stato? Le Potenze estere troveranno inutile di trattare con chi non può avere una volontà, e si rivolgeranno direttamente a quel potere 'che fa le leggi, a quello che ne assume la risponsabilità e le fa veramente eseguire. Il re sarà uno di quei principi fainéants, di cui parla la storia di Francia, o tutto al più potrà paragonarsi al Grande Elettore immaginato dal Sieyès e deriso dalla mente pratica di Napoleone Buouaparte. Nessun principe, nessuna famiglia di principi potrà adattarsi alla funzione animale, meccanica anzi, di firmare senza esaminare, di sanzionare ciò che non vorrebbe, di promulgare ciò che crede dannoso alla nazione. 0 si vuole una monarchia, o non si vuole: se sì, se ne accetti ciò che ne è inseparabile, il rispetto alla reale prerogativa; se no, si dichiari francamente, e senza ipocrisie si enunci e si dimostri l'eccellenza della forma che le si vorrebbe sostituire.
D'altro lato, quelli che in Francia volevano una monarchia circondata da istituzioni repubblicaue, ed altri ancora che nel principe non vogliono e non credouo poter guardare altro che l'istituzione, partono dal fondamento d'ogni governo liberale, fondamento che ripongono nella sovranità del popolo. Questo principio è incarnato nel diritto pubblico della nazione. Dal popolo emanano tutte le autorità: esso elegge nel suo seno i suoi rappresentanti, quelli ai quali delega la propria sovranità, i soli quindi che ne possono usare. Il potere esecutivo esce dal potere legislativo, è creato da lui e gli deve obbedire; ora se il principe può rifiutare la sua sanzione, il potere esecutivo non solo non si subordina al legislativo, ma gli divien superiore, in quanto di fronte alla volontà del principe tutto ciò cbe vollero le assemblee dei rappresentanti è come se non lo avessero voluto. E si acqueteranno esse, se nutrono coscienza dei proprii doveri e della serietà del mandato ; se credono che la legge votata sia buona, sia tale cbe la nazione ne abbia bisogno e ne possa trarre vantaggio? E sorgendo conflitto, chi trionferà? E prima del trionfo quanti guai sorgeranno, e quali saranno i mezzi che avrà scelto il vincitore? 0 un colpo di Stato, o il rovesciamento della monarchia. Volete un governo solido, volete l'esercizio sincero della libertà, l'applicazione logica del principio della sovranità popolare? Evitate cotesti conflitti dando prevalenza alle assemblee nel potere legislativo, lasciandola al re nell'esecutivo. Infine, s'ei non potrà mettere in accordo il dovere di sanzionare una legge e la propria coscienza, che gli vieta di approvarla, ne avverrà che o la legge sarà di quelle che modificano profondamente l'organismo dello Stato, e ilt^ooQle
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