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fico racchiuso nel cranio rode loro il cervello. Esse allora sono ritirate dal capo nella sua casa, dove per undici lune devono fare notte e giorno lo stesso movimento della testa continuamente. Il capo insegna loro la danza, la musica, la virtù medicinale delle erbe, insegua loro il culto, 1' evocazione dei buoni e dei cattivi geni. Come le antiche Vestali non debbono essere distratte da alcun amore o relazione esteriore. I riti complicati che si compiono nei meandri segreti della foresta sono circondati da grande mistero. Non comunicano con alcuno : i loro parenti possono solo vederle da lontano nelle grandi occasioni, ma non parlar loro, giacché esse hanno dimenticato la loro lingua volgare ed impura... Il capo soltanto ha il diritto di parlare con le sacerdotesse novizie una lingua speciale, incompresa dagli altri. Spesso qualcuna delle novizie, quando il male rode più forte il cervello col suo veleno, durante la notte, abbandona il giaciglio d' erbe, scappa dalla sua tana e corre come folle, urlando nella foresta, fino a cadere tramortita, ma il movimento della testa è continuo, incessante ed anche i leopardi fuggono atterriti.
Dopo le undici lune il noviziato è finito, il capo le chiama a sè, succhia loro dal cranio il malefico verme ed esse son libere e guarite, esperte nel-1' arte del guarire e sull' uso delle erbe, dotte nella danza e nell' amore, sapienti nei riti religiosi, in continuo contatto col genio del bene.
Nuli' altro si può conoscere. Quasi sempre — aggiungeva il sergente — salvo rare eccezioni, dopo le undici lune, esse preferiscono continuare le loro pratiche e restare ad abitare col loro capo e maestro il tempio selvaggio, formando 1' ammirazione delle loro coetanee che le rispettano come creature superiori.
— E come — domandai — coloro che ne sono uscite non hanno mai svelato i segreti delle undici lune del loro noviziato ?
— Ah ! — rispose il sergente con convinzione — una volta uscite dalla soglia di questa dimora esse hanno tutto dimenticato, ricominciali la loro vita come se allora fossero rinate.
Cercai ancora di sapere qualche cosa dal capo stesso su questi fenomeni viventi, ma egli sorrise senza rispondere, le braccia incrociate sul petto, lo » «guardo uel vuoto, come se avesse paura che io gli leggessi negli occhi.
Angelo Caggiula.
Il PELELÈ
I Manganja — negri abitanti nel bacino dello Zambosi — vanno pazzi per gli ornamenti : anelli a tutte le dita, compreso il pollice, collane, braccialetti, anelli alle gambe, di ottone, di ferro o di rame.
Ma il più strano di questi gioielli è, senza dubbio, il pelelè, od anello da labbi x> che portano le donne. Nella loro infanzia si buca il labbro superiore sotto il naso; una piccola spilla di legno vi è introdotta onde il buco non .