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enormi difficoltà, il 14 maggio scende a Teller (villaggio dell'Alasca) dopo 71 ore di volo continuo, avendo percorso circa 3500 chilometri. La transvolata polare era compiuta.
IL TRICOLORE SUL POLO
Verso le 23,35, la nebbia, durata fittissima per sessanta minuti, comincia a diradarsi lasciando iutravvedere il ghiaccio e nubi alte che nascondono il sole. Siamo oramai presso 1'89° grado; a mano a mano che ci avviciniamo al Polo aumenta la nostra impazienza. Il momento atteso così ansiosamente sta per giungere. La nostra bandiera, gelosamente custodita a bordo per trenta giorni, sventolerà finalmente sul ghiaccio del Polo, come avevo solennemente promesso. L' attimo sospirato, in cui verrà finalmente compiuto il rito sacro, è imminente. Sono un po' nervoso, ma una grande gioia, che a mala pena riesco a contenere, mi riempie il cuore. Chiamo impaziente Alessandrini perchè dispieghi la bandiera nostra nell' interno della carena; la norvegese e l'americana sono pronte fin dalle Spitzbergen. Esse sono di seta, piccole, graziose, nuove, preparate apposta per la circostanza. La nostra è vecchia e grande, è quella medesima che per due anni ha sventolato a poppa dell' aeronave: poi, solennemente ammainata,, fu issata di nuovo fuori della cabina del comando alla partenza da Roma. L' abbiamo custodita, per ordine di Benito Mussolini, nel cofano consegnatomi dagli ufficiali del Genio Aeronautico. È grande, vecchia, lacerata dal veuto. Vedo Alessandrini attardarsi a fissare accuratamente 1' asta che i miei ufficiali prepararono alla King's Bay. Lo sollecito sempre più impaziente. Finalmente è pronta. — Vieni... portala... — grido. — Adesso spetta a me lanciarla. —-
Alle 1,30 vien presa 1' altezza del sole. Siamo al novantesimo grado, siamo al Polo. Discendo. Voglio accostarmi alla superficie dello sterminato mare di ghiaccio più vicino possibile, duecento metri forse. Impossibile ricordare. Primo Amundsen lascia cadere la bandiera norvegese, poi Ellsworth 1' americana: viene la mia volta. Sporgo fuori la bandiera. ..Gonfiata dal vento essa mi palpita tra le mani. La vedo scorrere lungo la parete della cabina ed impigliarsi nel deriva,mento. Riesco finalmente a liberarla. Essa cade prima tutta aggrovigliata come una massa informe, poi si spiega, si distende tutta: discendendo solennemente, la vedo fluttuare nel suo palpito tricolore. Il margine del drappo vibra come cosa viva nell' immenso deserto, contro il biancore immacolato del ghiaccio. La seguo con lo sguardo intensamente, come per incidere nella mente quello spettacolo. La bandiera raggiunge il ghiaccio, vi sì abbatte, scompare.
Rientro, poi ritorno alla finestra e completo il rito. Ecco il guidone di Roma. Mi sporgo ancora, il drappo amaranto vola via a raggiungere la bandiera tricolore; L' impegno solennemente assunto in Campidoglio è mantenuto. Poi getto aucora un documento della Società Geografica Italiana, il guidone dell'Aero Club di Roma e il gagliardetto datomi dagli operai dello Stabilimento. Tutti i cari emblemi volano via, si riuniscono agli altri simboli d' italianità sparsi sui ghiacci del Polo. Infine è la volta del gagliardetto del Fascio di Grotte di Castro, lanciato per ultimo, ma non meno religiosamente, perchè anche questo simbolo è una testimonianza che il cuore di tutta Italia è veramente con noi.