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Enciclopedia Dantesca
Dizionario critico e ragionato di quanto concerne la vita e le opere di Dante Alighieri - Volume II - M-Z
Giovanni Andrea Scartazzini
Ulrico Hoepli Editore Milano, 1899, pagine 2200
Mareggiare - Maremma
1205
proverbiale: lnf. il, 108. Par. x, 90. - 9. Il Mare Adriano è l'Adriatico; Par. xxi, 123; cfr. Adriano. - 10. Mare Anglicum, Mare inglese; Vulg. El. I, 8, 46. - 11. Mare Germanico, accennato: lnf. xv, 6. Purg. vii, 99. - 12. Mare Mediterraneo, ricordato: lnf. xiv, 94; xxvi, 100, 105; xxx, 19. Par. vili, 63; ix, 82, 88.- 13. Mare Posso, menzionato: lnf. xxiv, 90. Purg. xvill, 134. Par. vi, 79; xxii, 95. - 14. Mare Tyrrenum, ricordato: Vulg. El. i, 10, 35, 41. -15. Mare di Tiberiade, menzionato: Par. xxiv, 39.
Mareggiare, Ondeggiare, detto del mare; Purg. xxviii, 74.
Maremma, dal lat. maritima, scil. ora (?); Campagna vicina al mare; lnf. XXV, 19; xxix, 48. Purg. V, 134. « Tutto il terreno fra l'Arno e il Tevere è coperto dalle diramazioni dell'Apennino, che da Livorno a Piombino giungono coi loro fianchi fino nella costa; più in giù se ne allontanano, lasciando luogo a que'vasti impaludamenti che sono le Maremme, micidiali soprattutto nel territorio di Piombino, in quello di Grosseto e lungo l'Albegna. Quella vasta superficie bassa, umida, ingombra di acque stagnanti, d'immensi depositi di alghe marine respinte dai flutti entro terra, alternate di spinose macchie, di selvaggie foreste e di verdi praterie, viene popolata soltanto dai carbonari e dai pastori dell'Appennino nei mesi più rigorosi del freddo-: una parte del terreno coltivabile viene solcato e seminato in grande scala dagli agricoltori avventizii che scendono dai monti del Lucchese, della Sabina e dell'Abruzzo, e terminata 1' opera loro se ne ritornano alle proprie terre, nè più discendono a quei piani che al tempo della mèsse. Per la qual cosa i villaggi, le borgate ed i cammini carreggiabili sono molto rari in quella squallida contrada. Le esalazioni pestifere che nelle parti basse sono prodotte dalle maremme, continuano nelle regioni elevate, a cagione della natura del suo suolo solforoso ed eminentemente vulcanico. Tuttavia l'influenza della malaria è minore sul rovescio dei monti rivolto all'Arno ed al Tevere, e presso che nulla nelle valli che scendono verso Firenze. Grandi opere idrauliche ed una coltivazione accurata possono vincere la malignità degli elementi. L'aria infatti cominciò soltanto a farvisi malsana nel X secolo, quando i Saraceni presero e spogliarono le terre marittime con tanta rovina e tanta uccisione, che quel paese non fu mai popolato. Rimasti pertanto quei luoghi disabitati e senza coltura inselvatichirono, facendosi paludosi di malaria, ed al tempo di Dante non vi si vedeva che qualche forte castello, che serviva di riparo ad audaci feuda-tarii. Negli antichissimi tempi erano molto abitati, e coperti di grandi città, fra le quali basta nominare Luni che mandò navi e