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Enciclopedia Dantesca
Dizionario critico e ragionato di quanto concerne la vita e le opere di Dante Alighieri - Volume II - M-Z
Giovanni Andrea Scartazzini
Ulrico Hoepli Editore Milano, 1899, pagine 2200
Meglio -Melibeo
Meglio, dal latino melior, Agg. Migliore, Più buono; Purg. Vii, 101.
Mei, Avv. usato dagli antichi per abbreviamento in vece di Meglio; Purg. xxii, 74 var.
Melanesi, antica forma per Milanesi, Cittadini di Milano; Purg. vili, 80 var. Cfr. Milanese.
Melano, antica forma per Milano; Purg. xviii, 120 var. Cfr. Milano.
Melcliisedecli, dall'ebr. pl^sS/D che vale Re della giustizia, Nome di un re e nello stesso tempo sacerdote del vero Iddio a Saleme, che andò incontro ad Abramo, gli arrecò pane e vino, e lo benedisse, ed al quale Abramo diede la decima; cfr. Genes. xiv, 18-20. Più tardi fu considerato come tipo e figura di Cristo; cfr. Psl. cix, 4. Ad Hebr. v, 6; vii, 2. Thom. Aq. Sum. th. ni, 22, 6. È nominato come tipo del sacerdote Par. vin, 125.
Mele, oggi più comunemente miele, dal lat. mei, mellis, Sostanza liquida, zuccherosa, la qual si compone dalle api per mezzo di cièche raccolgono dentro a'fiori e sulle foglie delle piante; Purg. xviii, 59; xxii, 151.
Meleagro, gr. MsXéaypog, figlio di Oeneo re di Caledonia e di Altea. Alla sua nascita le Fate vaticinarono eh'e'vivrebbe tanto tempo, quanto un tizzone appunto allora gettato nel fuoco impiegherebbe a consumarsi. Altea si affrettò di estinguere il tizzone fatale, che ella poi conservò accuratamente. Insorta più tardi una contesa tra Meleagro ed i fratelli di Altea, Meleagro gli uccise. Sdegnata per questo, Altea gettò il tizzone nel fuoco, onde Meleagro si consumò e morì non appena il tizzone fu consumato. Cfr. Ovid. Met. vili, 260-546. L'esempio di Meleagro è addotto Purg. xxv, 22 per ispiegare come le anime purganti che non hanno verun bisogno di nutrimento, possano tuttavia dimagrare. Una potenza invisibile ed a lui ignota consumò Meleagro, e così una forza arcana dimagra i corpi aerei dei golosi.
Melibeo, lat. Melibceus, Nome di un pastore nelle Egloghe di Virgilio (i, 6, 19, 42, 73; vii, 9). Nella prima delle sue Egloghe (v. 4, 28, 34, 36, 67), come pure nella seconda (v. 29) Dante chiama Melibeo il suo amico e compagno di esilio, Ser Dino Perini di Firenze.