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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 16 —
   di carta in mano, dove aveva notato i principali appunti della vita del suo eroe. Tutti fecero di cappello al Signor Teòtimo, il quale disse loro : La stagione non è ancor molto calda, e il terreno è bene asciutto, sicché potremo stare a nostro bell'agio qua sul pendio, all'aria aperta. Yoi potrete assidervi su cotesta sponda del recinto, ed io mi porterò in quel posto elevato, sotto il grand'olmo che ombreggia il piano dell'aia. Cosi godremo il venticello del tramonto, e faremo un po' di conversazione. —
   Conticuere omnes inlentique ora tenebant.
   Tacquero tutti e posersi in ascolto.
   — V'ho promesso, disse il signor Teòtimo, un po' j di vita del Tartaglia, e mantengo la parola. — Un antico pittore, che si nomava Apelle, dimandato un giorno chi fosse stato il suo maestro, rispose : La continua fatica. Così poteva dire Niccolò Tartaglia, che pervenne alla celebrità per le sole forze del suo ingegno, e per assiduo studiare. Ei nacque in Brescia nel 1500 da un Michele, che esercitava il mestiere del procacciato, recando lettere da Brescia a Verona, o da Brescia a Bergamo e a Crema. E poiché Michele faceva quél servizio a dorso di cavallo, era chiamato per quelle parti Michele il cavallaro. j
   Mancato il padre, che Niccolò aveva sei anni, rimase il tapino con un altro fratello, una sorella e la madre. E come vivere?
   s