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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 20 —
   d'un uomo, e veggon più in là ch'egli non vede. Ma senza l'uomo che li sostenesse dove andrebbero eglino?
   — A dar delle natiche in terra disse il signor Marcellino.
   — Cosi appunto.
   Ed un villanzone di nome Isidoro saltò su a dire : Anch'io quando sto sugli alberi a sfogliarli, veggo più in là che stando in terra; ma il merito non è mio, sib-bene dell'albero.
   Per dieci e due dodici ! Isidoro dice bene.
   Il signor Teòtimo era contento che l'attenzione «tei suoi ascoltatori si facesse di mano in mano più viva, è che dessero prova di umanità e di naturale discernimento : laonde procedette alacremente nel suo racconto. Disse dunque come il Tartaglia s'acquistasse tanto nome, che Brescia e la Repubblica di Venezia sei contendessero per averlo in cattedra professore. E fu a Venezia che s'acquistò la stima e l'amicizia d'ambasciatori forestieri, sicché il suo sapere fu noto in breve a tutta l'Europa civile. Infatti non v'era straniero che andasse allora a Venezia, il quale non volesse conoscere ed inchinare Niccolò Tartaglia. E siccome gli uomini sognano e figurano talvolta le persone dei lontani, così la più parte di tali forestieri credeva che il gran matematico, il famoso lettor pubblico fosse un qualche omone dall'aspetto austero e dall' occhio bieco : ma face* vano poi le meraviglie quando vedevano un omicciatto di poca persona, di aspetto semplice e gramo, con grande