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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   delle altezze, per tenere in soggezione i nemici, Tuoi in campagna rasa ynoi nelle altare e nelle bastìe. Per tal modo si mostrò ingegnere e cittadino. Così amando gli studi gravi, la virtù e la patria, pervenne all'anno 1557, e mori di febbre acuta, pianto dagli scolari, e e da quei barbassori della Repubblica veneziana, che ben di rado piangevano.
   Qui il signor Teòtimo fece pausa, e tutti gli ascoltatori gli dieder plauso colla voce e con battimani.
   — Eh! che ne dice, signor Marcellino? crede ancora che nessun figlio del popolo possa levarsi in onore?
   — Non so che dire ! il suo racconto del Tartaglia m'ha un po' confortato; perch'io mi credeva che il povero non potesse mai scuotersi dalla giubba la muffa ed il tanfo ; e che per lui fosse sempre il giorno che si fan le tenebre nè mai venisse l'alba della risurrezione.
   — Oh quest'alba verrà; e se talvolta s'è vista splendere per lo addietro, tanto più sarà per l'avvenire. —Coraggio dunque, ragazzi. Per voi si schiude un miglior futuro che pei vecchi, purché vi spogliate    A queste parole tutti i ragazzi che eran presenti stavano a bocca aperta; ed il maestro di scuola, il signor Diodato soggiunse: Questa storia del Tartaglia mi ha dato incoraggiamento, perchè anch' io insegno numeri e un po' di scrittura; ma il buon Bresciano è già jnorto