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— Ed il fatto è vero, interruppe il signor Teòtimo* Sappiate, amici, che a Novara abita da non pochi anni il maestro Coccia napolitano, uomo di gran merito nella scienza musicale, ma imbevuto di certi rancidi pregiudizi, che il tempo e gli studi non hanno potuto sradicare dalla sua mente. Questo maestro, fate attenzione! avea seco un nipote di belle speranze nella scienza mu* sicale, il qual nipote gli mori. Ora, il giorno dopo che il giovinetto fu seppellito, capitò in casa dello zio un galletto assai domestico, che svolazzando e saltellando qua e là, montò sulla tastiera d'un antico pian-forte, e trasse dall' istrumento alcuni gruppi di note, dai quali il maestro derivò il tema per melanconico notturno. Da quel giorno l'esaltato Coccia prese a dire, che quel galletto aveva in corpo l'anima del nipote di lui....
— Viva il matto ! sclamò Biagio lo stovigliaio.
— E che l'armonico spirito gli suggeriva le più belle ispirazioni.
— Viva il galletto !
— D'allora in poi, guai a chi tocca il pennuto animale! Egli lo guarda con paterna commozione, e quante volte lo vede montare sul piano-forte, tanta ne sente dolcezza al cuore, sicché talora gli spuntano agli occhi le lagrime.
A questo tratto della narrazione, le rìsa della comitiva furono si cordiali ed unanimi, da mostrare come in que'semplici campagnuoli si fosse già messa la ragione, che non comporta certe viete scipitezze, e certe super-