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che fra non molto potè insegnare pubblicamente la geometria, sicché la scuola del Pellacano rimase poi deserta.
— Ne ho gusto, sclamò Isidoro. #
— E cosi sia, ripeterono in coro gli ascoltanti.
— Imparate le matematiche, si voleva applicare alla lingua greca, e presentassi al veronese Guarino, perchè volesse ammaestrarlo.
— Era forse un cagnaccio anche costui?
— Tutt'altro !
— Meno male!
— Era il tipo della gentilezza, era un fior di galantuomo: e gì'insegnò quanto seppe, trattandolo con tale benevolenza che mai la maggiore. Né solo inse-gnogli, ma gli affidò il suo proprio figliuolo Gregorio, affinchè lo istruisse nella lingua latina e nel calcolo. Confidenza reciproca, che onora maestro e discepolo, e di cui sono rari ma non impossibili gli esempi.
— Guai se la bisogna non procedesse così! osservò il signor Teòtimo ; guai se gli uomini fossero tutti Pella-cani. Si finirebbe in breve col mettersi le mani addosso e scannarsi l'un l'altro.
— Allora si verrebbe, disse Leonzio l'arrotino, al fatto dei due leoni.
— E che cos'è questo fatto? dimandò la comitiva con ansietà?
— Mi fu detto, ma non so se sia vero, che in un serraglio di belve c'erano due leoni in due gabbie se-
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