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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 48 —
   si recò, gongolante di gioia, dal signor Teòtimo, e fattogli di berretto, gli disse:
   — Veda nn po... poco, signor Te... to... timo, se questa volta mi merito gli sca... ca... pezzoni del ca... cartaio. Qui non si parla di pena di mo... o... rte, ma di pena di vita... per dieci, e due... dodici!
   — Che diàcine bestemmi tu? Làsciami osservare codeste carte. — E Bartolino gliele porse. — H signor Teòtimo sfogliò que'libercoli, e veduto di che si trattava, disse: — Làsciami questi opuscoli, che mi forniranno argomento per la prima conversazione che terremo la seconda domenica di giugno. Prendi, quest'è una lira, sei contento?
   — Co... contentissimo; non mi eostano che nove so... soldi.
   — Meglio per te. Non dir nulla a nessuno, e attendi al dodici di giugno, in cui parlerò di due Bolognesi, artigiani e poeti, e farò parola anche di te, che ti metti per la buona via. Chi sa che un giorno tu non possa mutar condizione: chi sa!
   — Ma... magari! — E il dialogo fu finito, e Bartolino se n'andò.
   Giunto il di dell'adunanza, furono tutti precisi al geniale ritrovo; e il signor Teòtimo, assiso sotto l'olmo, con all'intorno i maggiorenti del luogo, e quei buoni villici, affabilmente prese a dire:
   — Oggi non vi parlerò di matematici e di maestri di scuola, ma di due artigiani bolognesi, che ebbero ingegno
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