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e volontà, e che invece di passar la notte tra7 bagordi, togliendo il pane alla famiglia e riducendosi alla miseria, studiarono le buone lettere, cosicché scrissero prose e canti degni di lode, e lasciaron buon nome di sé, ed onorata memoria. L'uno di costoro fa m sellaio, che ebbe nome Giacomo, e che tutti conoscevano sotto questo semplice nome: l'altro fu un ferraio, che si chiamò Giulio Cesare Croci, buon compagnone, buon marito e buon padre, il quale scrisse molte frottole e leggende, alcune commedie, non poche canzonette, e la storia di Bertoldo, Bertoldino e Marcolfa.
— Bertoldo, Bertoldo! Oh bello bello! sclamarono i ragazzi. Viva Bertoldo! viva Bertoldino!
— Yi... va la Marco... colfa!
— E il signor Teòtimo proseguì : Parlerò prima del sellaio che viveva trecento cinquant' anni fa, poi del fabbro ferraio, che fiorì cinquantanni più tardi.
Il sellaio ebbe nome Giacomo: non ne sappiamo il casato, e converrà portar pazienza. Peccato però che si sappia dall'ai alla Z di tanti dappoco, i quali fecero più male che bene, e furono peste ed obbrobrio dell'umano consorzio, e non si possa sapere da quale ceppo spuntasse questo tallo rigoglioso, che passò la vita fra' cuoi, lo «pago, le gualdrappe, e le italiche muse.
— La Musa, disse l'arrotino è l'asina del pentolaio.
— Non è vero, rispose Biagio, la mia somara la chiamo la Mussa.
* — O Mussa o musa, non monta, interruppe il signor S. ttUUL 4