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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 52 —
   - Finisca, finisca!
   - Andiamo dunque innanzi.
   In prima io cerco conoscer me stesso, E tesser mio tra gli uomini figuro, Com'è proprio fra gli alberi il cipresso.
   Sto paziente al pover stato, e duro E sto della disgrazia sulle porte, Come colui che sta tra* calci e il muro.
   Vivo dell'arte mia, e soldo e corte Fuggo , come cagion di molti danni, Come si fuggon Varmi della morte.
   Non ho brama di roba che m'affanni, Per ch'io so che difendon l'acqua e 'l vento Come le sete e gli ostri, i grossi pannu
   - È un galantuomo!
   - Senza dubbio.
   La libertà mi fa viver contento, La qual cara mi fu fin da fanciullo, Com'è caro all'avar Voro e l'argento.
   - Bravo!
   Il mangior bene o mal non stimo un frullo, Perchè Fabrizio colle rape, valse Come col suo fagian valse Lucullo.
   -Viva Giacomo!...
   Non ho invidia, che il cor mi roda o infesti, Non ira, onde a vendetta il desir s'erga, Com'han gli orsi rabbiosi* o i can molesti.