— 55 —
zioni non c'era ancora contaminato dalle gonfiezze sp&-gnuole, dagli insidiosi gallicismi, e dalla peste d'ogni straniera influenza. Non è dunque a meravigliare che anche un sellaio scrivesse in buona lingua. Il buon latte delle nutrici cresce gli allievi ridenti e sani. Ed a quel tempo il latte della nostra favella era anche puro dappertutto ; sicché non ftveansi come dipoi, tanti sbilenchi dell'anima e dei cervello.
— Ben detto, sclamò il segretario. — Ben detto, replicarono Isidoro e Leonzio. — E si fece un poco di pausa.
Ricomposti gli spiriti, il valentuomo prese a dire: Ora parlerò di Giulio Cesare Croci, fabbro ferraio, e scrittor di versi fantastici.
Questo bizzarro artigiano non fu laureato nè in Campidoglio nè in Parnaso, e non aveva studiato il libro del Bisso, nè avuto fra le mani il Giardini ed il Ruscelli.
— Che c'entra qui la biscia nel giardino e nel ruscello? dimandò Biagio.
— Ho detto il Bisso, il Giardini e il Ruscelli, che furono tre valentuomini, i quali o in un modo o in un altro, insegnarono ed aiutarono a far poesie. .
— Adesso capisco ! »
— Il ferraio bolognese non aveva dunque studiato questi maestri, eppure faceva poesie. Nacque costui in carnevale del 1550, e gli piacque l'allegria, non però le sguaiataggini.
s