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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   — 56 —
   * — Oh diamine !
   — Suo padre ebbe nome Carlo, e fa nn onesto ma povero fabbro di S. Giovanni in Persiceto. Ebbe quattro figli, e pensò di farli studiare, perchè non era una di quelle teste vuote, che ritengono che l'artigiano non abbia a saper leggere più in là dell1 alfabeto e del lanario, nè a computare oltre il dieci. L'onest'uomo rodava piuttosto giorno e notte sulF incudine, che veder crescere i figliuoli ignoranti come tronchi, ineducati e rozzi come Patàgoni.
   — Ha detto Pa... cà...goni? Che cosa sono i Pa... pa...goni?
   Una risata sonora seguì la domanda di Bertolino.
   — E il signor Teòtimo disse : ho piacere d'essere interrogato da chi non intende : così mi studierò di render chiaro il mio racconto. I Patàgoni dunque sono omacci grandi, grossi, ignoranti, abitatori delle tèrre più lontane dell1 America meridionale, i quali vivono, a maniera di bestie, mal vestiti, mal nudriti, senz'industria, e senza cognizione del buono e del bene.
   — Poveretti!
   — Oh sì poveretti davvero !
   — Il nostro Giulio Cesare non finì però ignorante. Gli morì, è vero, il buon padre eh' egli era piccolo ancora, e gli rimase la genitrice, la quale, senza braccio pel martello, e senza carbone per la fucina, decise di mettere i figlioletti a bottega, perchè si buscassero il pane. Queste sventure sono vere ; però Giulio Cesare,
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