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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Sì, per necessità; essendoché alcuni miei interessi mi chiamano in Toscana. Anzi, domani lascierò questa villa per assestare certe mie faccende a Bologna, e non ritornerò che domenica mattina all'ora della messa, e ci rivedremo a S. Bartolomeo. Il dopo pranzo poi (se il tempo sarà propizio) intenderei di fare un riepilogo storico intorno ai grandi dal nulla, toccando d'altri Italiani, che seppero levarsi in eccellenza e rendersi illustri, ed accennando, a qualche forestiero, il quale meritò la ammirazione non solo de' suoi compaesani ma di tutto il mondo civile.
   — Bella idea! disse il signor Niccolò, di lodare i nostri senza metter gli altri in obblio. Dove c'è merito, c'è; e mal fa chi vuol negarlo o tacerlo. Amiamo i nostri, ma senza egoismo: riconosciamo l'ingegno dove esiste, e facciamogli plauso. Se Dio (scusino la cicalata) avesse fatto degl'Italiani tante meraviglie e degli altri popoli tante meschinità, sarebbe stato parziale, e non sarebbe più Dio. Egli ama ugualmente tutti gli uomini e dotandoli d'intelligenza e di ragione, ha detto a loro : studiate, progredite, perfezionatevi; e quando li vede gareggiare d'ingegno e di sapere, si compiace di si bella gara, esulta della sua propria fattura, e grida di lassù: bravi, bravil e batte le mani ia segno di plauso.
   Risero gli astanti a questa scappata dell'ottimo signore il quale gongolava di gioia per averne destata l'ilarità ; indi riprese ^Dimando scusa al signor Teòtimo, se vengo # fare da Cicerone nella sua provincia, e gli cedo il
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