Stai consultando: 'Figli del popolo venuti in onore Operetta storico-morale', Salvatore Muzi

   

Pagina (189/218)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (189/218)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Progetto OCR]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   — 189 —
   nato uomo che avesse animosità: ma egli non fa di quegli animosi che bravano gli osti, squartano i santi e rompono le pentole ed i piattelli.
   — Era un coraggioso, osservò il segretario, non un empio. #
   — Cosi appunto. Nel 1527 entrò alla vita militare, ed assistette colla gente del Comune di Firenze alla spedizione del reame di Napoli fatta dai Francesi. Poi andò qual deputato militare a Barletta, quindi podestà di Radda, e segretario dei commissari in Val di Chiana; poi egli, stesso commissario militare a Prato e ad Empoli.
   — Quante occupazioni! osservò il maestro.
   — Però i suoi chiari fatti cominciarono nel 1529. In effetto fu egli che tolse agli Spagnuoli la terra di Sam-miniato, nella qual fazione fu il primo a montar sulle mura: ed egli fu che, con piccola scorta, vettovagliò Firenze assediata strettamente.
   — Ciò basta a mostrarlo buon figlio del suo paese.
   — Ma le cose di quell'assedio andavano di giorno in giorno peggiorando; ed ai più coraggiosi veniva meno l'animo, ed ai vili cresceva. Il generale Malatesta Baglioni svolgeva le fila d'un tradimento, che troppo tardi Ai svelato, e alla cui vendetta non rimase altro che la storia. Misera vendetta! perchè non valse che a maledire le infamie, senza togliere i meschini popoli alTabbiezione del servaggio.
   — Purtroppo è così! osservava sospirando il segretàrio; la cui patria gemeva ancora in servitù.
   *