— 190 —
— Il Ferraccio pertanto riacquistò Volterra con ardire e sollecitudine meravigliosa. Assediatovi poi da Fabrizio Maramaldo, si difese con valore accanito ; e non avendo più polvere, rinversò olio bollente sugli asse-diantì. Ferito, si fé' portare in lettiga, ^eccitando i soldati a durar fermi.
— Per Bacco!*
— Liberata Volterra, andò commissario a Pisa; d'onde usci per soccorrere i Fiorentini, stretti d'assedio e a mal partito ridotti. Per via scontrossi in un esercito nemico, guidato dal Principe d'Orange. La lotta fu tremenda, l'impedimento forte; sicché il Ferruccio non potè soccorrere la patria,.... e Firenze cadde!
— Ahi sventura! dissero concordi gli ascoltatori. E il signor Teòtimo proseguì: il demonio, Baglioni, era nella città ; l'angelo, Ferruccio, fuori! Firenze fu perduta!
— E il Ferruccio cedette egli?
— No!
— No? E non tremava?
— Non tremò mai! Lo scontro colle turbe dell'Orango e del Maramaldo fu a Gavinana.
— Dalle mie parti, interruppe Marcellino; poco discosto da S. Marcello, dal mio caro paese. Ho letto io a Gavinana, ho letto io la pietra scolpita, che eopre le ossa del Ferruccio, del nostro insigne Toscano, il quale vivrà immortale come visse imperterrito.
— Bravo, sclamò il signor Teòtimo: ammiro l'amor patrio del nostro Marcellino : e perchè il fatto di Gavi-