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Figli del popolo venuti in onore
Operetta storico-morale
Salvatore Muzi
Tipografia Scolastica di A. Vecco e Comp., 1867, pagine 216

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   degli esseri è sempre involto nell'oscurità. Animo dunque, lavorate, ed allestitemi codeste antenne, lunghe fra i sette e gli otto metri, e il più ohe si possa uguali e diritte. Animo dunque, al lavoro.
   Quegli operai, senza sapere che volesse fare il signor Niccolò di quelle dodici antenne, e senza quasi intendere a che parasse la sua chiacchierata, chinarono il capo e s'accinsero al lavoro. Frattanto fece chiamare il suo cocphiere, e si gli disse: Auriga (e lo chiamava sempre cosi) dà la biada agli storni, li abbevera bene, e attaccali allo sterzp, chè voglio andare a Bologna.
   L'auriga, fatta una riverenza, andò alla stalla, mentre il signor Niccolò, entrato in casa, fece una buona co-lazione. Pronti i cavalli e pronto lo sterzo, il signor De'Grassi disse al cameriere: Stasera rimango a Bologna, ritornerò domani a pranzo ; e voi segatori, lavorate. E montò in carrozza, e giù e giù da Ca' de' Silvestri verso la città. Pervenuto alla Cartiera di Sesto, fece fermare gli storni, discese gravemente, entrò nella fabr brica, e fatta ricerca del signor Marcellino, con sussiego caratteristico si fece a dire: signor Montgolfier, ho bisogno di Lei.
   — Montgolfier ? disse il cartaio con moto di meraviglia : io non so di chi parli.
   — Noi sa? Ebbene, lo sappia. Montgolfier ora un cartaio di Yidalon, il quale conoscendo che l'aria riscaldata e rarefatta ò più leggiera dell'aria naturale, pensò di JSure un globo di carta, grande e tendo come