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CARATTERE E LIBERTÀ.
[CAP. I.]
mossi, che determinano il grado morale e la stabilità delle nazioni. A lungo andare un governo non suol essere migliore del popolo governato. Ove la moltitudine sia sana di coscienza, di morale, e di abito, la nazione sarà retta con onestà e nobilmente; ma quando quella è corrotta, avara, di cuor disonesto, e non obbediente nè a verità nè a legge, inevitabile è che salgano al potere i furbi e i ciurmatori.
Una saggia libertà individuale e una purezza di carattere personale sono la sola vera difesa che rizzar si possa contro il dispotismo della pubblica opinione, sia questa formata dai molti o dai pochi. Senza di tali qualità non vi può essere in una nazione nè vigorosa virilità nè vera libertà. Per quanto larghi pur siano i diritti politici, non eleveranno mai un popolo già depravato ne'suoi individui.
Invero, quanto più un sistema di suffragio popolare sarà completo, e pertanto quanto più sarà la sua efficacia perfetta : il vero carattere di un popolo si rifletterà più completamente, come in uno specchio, nelle leggi e nel governo che avrà saputo comporsi. La moralità politica non può avere mai solida esistenza sopra una base d'immoralità individuale. La stessa libertà, esercitata da un popolo avvilito, diventa cosa nociva, e la libera stampa un mercato di licenziosità e di morale abominazione.
Le nazioni, come gì' individui, hanno sostegno e forza nel sentimento di appartenere ad una schiatta illustre, di essere eredi di grandezza, e di avere il compito di perpetuare la gloria dei maggiori. È di gran momento che una nazione possa avere uno splendido passato da rammemorare.1 Ciò rinvigorisce la vita del
' Uno degli ultimi tratti del Diario del dottore Arnold, da lui scritto 1' anno innanzi alla sua morte, era il seguente: « È una sventura per la Francia che il suo passato non possa destar amore o rispetto^ il suo futuro ed il presente non possono accoppiarsi a quello ; ma coinè il presente darà frutti, o ne prometterà il futuro, se le loro radici non penetrano nel passato? Infinito ne è il danno, ma il biasimo ricade su quelli che fecero del passato una cosa morta, dalla quale non potrebbe esser prodotto nulla che viva prosperamente.» — Life, II, 387-8, ed. 1858.