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Il duello nella storia della giurisprudenza e nella pratica italiana

Iacopo Gelli
Loescher & Seeber Firenze, 1886, pagine 192

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   DELLA GIURISPRUDENZA
   '5
   Chi chiedeva poi il combattimento singolare — ciò è importante a sapersi — e non gli veniva concesso perchè troppo lieve l'ingiuria, era macchiato d'infamia.
   Il Re, dietro parere del tribunale dei marescialli e del contestabile, autorizzava il combattimento.
   Accadendo il duello senza l'autorizzazione sovrana, pene severissime erano inflitte ai duellanti, i quali venivano minacciati nella vita e nelle sostanze e i loro figli assoggettati per dieci anni a gravezze speciali e sospesi dai pubblici uffici e dalla nobiltà per alcune generazioni.
   Queste ultime disposizioni, emanate da un Re coraggioso e valente, eminentemente cavalleresco come Enrico IV, essendo più consentanee alle aspirazioni del tempo, cominciavano a dare resultati se non splendidi, almeno soddisfacenti, quando il coltello assassino di Ravaillac, troncando la vita del Re, interruppe l'opera di lui tanto bene iniziata e la Francia ricadde in balìa alla più deplorevole calamità sociale, il duello (1).
   Luigi XHI tentò reprimere il duello, ripreso con furore alla morte del padre, e sotto l'egida della Madre aggravò le pene (1623 agosto) già esistenti contro i duellanti.
   Ma lo scostarsi dagli editti del 1609 di Enrico IV non gli valse gran cosa ; come illusorio fu il salutare esempio dato da Richelieu, che fece cadere le teste di Montmorency-Bouteville e di Deschapelles
   (1) Si legge nella Storia di Francia al principio del Regno di Luigi XIII: « La smania dei duelli era causa in quel tempo dei più gravi disordini: era una frenesia. H capriccio e la vaniti imponevano di battersi, come le più violente passioni. Gli amici dovevano prendere parte agli scontri dei . loro amici e così le vendette restavano ereditarie nelle famiglie. Si contarono più di ottomila lettere di grazia accordate, in meno di venti anni, a gentiluomini che avevano ucciso in duello. Ciò determinò Enrico IV a rinnuovare la proibizione, ma essendo egli stesso imbevuto di certi pregiudizi, chiuse gli occhi alle infrazioni della legge.
   « La severità di Luigi XIII, o piuttosto di Richelieu, era necessaria per estirpare questo abuso, pure non ne vennero a capo. L'umanità e la ragione hanno più potenza delle leggi contro un barbaro pregiudizio ; abbisognava raddolcire i costumi e far sentire agli uomini l'assurdità di un punto d' onore che gli rende ingiusti e omicidi. »