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come tante altre, dal diluvio straniero: e solamente nella riscossa dell'età de'Comuni potè a.* vere la sua autonomia, e reggersi a Municipio con propizia fortuna.
Al tempo del Barbarossa strinse patto colle sorelle .città della Lega, e fu la prima nel martirio, poiché Federigo scendendo in Italia dalle Alpi tridentine , subitamente l'occupò ed oppresse. — Contro il secondo Federigo non fu meno italiana; e sebbene attaccata dal formidabile Ezzelino terzo da Romano, tipo orgoglioso de'Ghibellini, ebbe però nelle sue mura tanto nerbo di Guelfi, da poter rintuzzare più volte le orde e gli amici dell'Impero.
Caduto Ezzelino, ricuperò Verona la sua libertà e indipendenza; ma lacerata anch'essa (sventura fatale d'Italia!) da intestine discordie e da gare municipali, vide le sue vie tinte di fraterno sangue; e fu alle mani coi Vicentini, con varia e alterna fortuna. In quelle zuffe dolorose primeggiò del senno e della mano Mastino della Scala, che trasmise il patrio potere nella sua ricca famiglia. In Cangrande (che morì nel 1320) la sua schiatta ebbe il massimo della grandezza, la quale venne via via scemando con Mastino II., Cansi-gnorio, Antonio e Bartolomeo. — Cansignorio, levatosi al potere con un fratricidio, fu il più vile della sua stirpe ; e la memoria di lui sarà sempre in abbominazione.
Tenendo gli Scaligeri a parte ghibellina ebbero protezione dall' Impero e ne furono Vicari di nome, quantunque di fatto stessero Signori in Ve-> rona. E per vero Mastino succedette ad Ezzelino III il feroce, che l'Alighieri dannò all'inferno tra i violenti. Fu Podestà, e morì ucciso da'Guelfi nel 1277. — Alberto, suo fratello, gli fu successore, governò Verona per 23 anni, e rassodò l'autorità suprema nella famiglia. — Bartolommeo ed Alboino continuarono il dominio nella loro schiatta. —- Can Grande illustrò il casato con isplendore
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