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aveste voluto, e la medesima voce profonda che fece andare in bizza il cane per gelosia. Povera bestia ! Fin allora io aveva amato lui solo. Ei ben s'accorse ch'io vi amava più di lui, e se ne accorse meglio di voi.
— Precisamente, — osservò Filippo, — esso era come frenetico in quella notte. Una notte singolare! Tu mi avevi ammaliato, Fenice. Io so che non potea darmi pace del tuo non voler rientrare in casa a niun costo, ch'io m' alzai ed uscii fuora a cercarti. Io vidi la tua bianca pezzuola e poi niente altro di te, dacché tu balzasti nella tua cameretta presso alla stalla.
— Era la mia camera da letto, Filippo, e tu non ci dovevi entrare.
— Ma io voleva però entrarci, e mi rammento ancora ch'io bussai supplicandoti a lungo, scapata ch'io era, e credeva che la testa m'avesse a scoppiare se non ti vedeva ancora una volta.
— La testa ì no, il cuore diceste. Io so ancora a mente tutte le parole, tutte !
— E non ne volesti però sapere!
— Parevami ch'io fossi per morire. 1°
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