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Appresso i pastori presero la via di Treppi, e Fenice, dopo averli buona pezza accompagnati con gli occhi imbambolati, si succinse e scese per sentieruoli dirupati Ja china.
Erano intorno le tre del pomeriggioquan-do giunse a Pistoia. L' osteria della Fortuna era a cento passi prima d' entrare in città, e in quell'ora della siesta poca gente vi si trovava. AH' ombra dell'ampia tettoia stavano carri sciolti dai muli con suv vi i vetturali dormenti ; neh' ampia fucina di faccia posava il lavoro e niun asolo moveva le foglie polverose degli alberi che fiancheggiavano la strada maestra. Fenice entrò nel rigagnolo, che scorreva gorgogliando davanti la casa, si rinfrescò le mani e la faccia, e, bevuto ch'ehbelungamente e lentamente per chetare la sete e la fame, entrò nell' o-steria.
L'oste levòil capo dal desco, su cui stava appoggiato dormicchiando, e vista la montanina , lo lasciò ricader sulle braccia.
Che cosa vuoi? — diss'egli assonnato; — se vuoi mangiare o bere va in cucina.
— Siete voi l'oste? — chies'ella tranquillamente.
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