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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Venezia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografico-Editrice Torino, 1902, pagine 383

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Veneto
   li
   monte Civetta, solcata da fessure verticali, i terrazzi verdeggianti di Pezza si misero a scivolare su un piano inclinato di schisti infraciditi e, dapprima lentamente, poi, con uno slancio improvviso, andarono a sprofondarsi nella vallata. Due villaggi furono schiacciati. Due altri sommersi nelle acque del Cordevole trasformato in lago. Quando l'onda è tranquilla si vedono ancora gli avanzi delle inghiottite case di Alleghe, la antica metropoli della vallata.
   11 fiume limita, che nasce nel Trentino, nella pittoresca valle Sugami, ha in ogni tempo dato ai Veneziani le più crudeli apprensioni in causa del disordine che le sue acque e le sue alluvioni producevano nel regime delle lagune. Anticamente si gettava a Fusina nell'estuario veneziano; ma i suoi interramenti colmavano i canali ed appestavano l'atmosfera. Mentre i Padovani e gli altri abitanti della bassa pianura avevano interesse a far calare il fiume per la via più diretta verso le lagune onde abbassarne il livello e non dover più temere delle innondazioni, i Veneziani per contro miravano ad allontanare il Brenta per mantenere la profondità e la salubrità delle loro lagune. Questo conflitto d'interessi diede luogo a delle guerre, a delle vere lotte per l'esistenza. La conquista del litorale e della terraferma diventò per Venezia una quistione dì vita o di morte: e quando la Repubblica Serenissima trionfò si pose tosto all'opera per deviare il fiume. Mediante un primo canale, la Brenta Nuova o Brentone, poi di un secondo, la Brenta Nuovissima, si deviarono le acque del fiume ili modo da far loro contornare tutta la laguna e gettarle, con quelle del Bacchigliene e degli altri minori corsi d'acqua del Padovano, nel porto di Brondolo, a qualche chilometro a nord della bocca dell'Adige. Ma il Brenta, il cui corso si trovava così notevolmente ed artificialmente allungato, elevò il suo letto a monte ed è con grande pena ed enormi spese che lo si potè mantenere negli argini naturali. Dal 1811 al 1850 il fiume aveva rotte venti volte le sue dighe ed il graduale elevarsi del suo letto minacciava di rendere questo disastro ancora più frequente. Allora fu preso il partito di abbreviare di 16 chilometri il corso del fiume., gettandolo direttamente in un seno della laguna di Chioggia. Infatti il pericolo delle rotture fu per un certo tempo scongiurato; inoltre il Brenta, le cui alluvioni copiose la vincono poco a poco siili' acqua salata, ha già donato all'Italia una superiicie di oltre 30 chilometri quadrati di nuove ed utilizzabili terre: ma le ricche peschiere di questa parte delle lagune furono completamente rovinate e le febbri fecero apparizione nelle città e nei villaggi del litorale vicino; le malattie e la mortalità sono accresciute nella popolazione chioggiotta dacché le acque dolci del Brenta si mescolano alle acque salse della laguna.
   Non è a dubitare che senza tutti gli sforzi degli ingegneri veneziani le lagune del Lido, di Malamoceo, di Chioggia sarebbero da tempo colmate, come lo furono in massima parte più all'est le lagune di Grado e di Aquileja; ma in ogni tempo Venezia comprese con quale sollecitudine doveva custodire e difendere il suo prezioso mare interno; era perfino proibito di coltivare le barene o piccoli isolotti emergenti sul livello delle maree, temendosi, con ragione, che l'avidità dei coltivatori non li portasse poco per volta ad usurpazioni nel dominio delle acque. Gli idraulici della Serenissima non si erano limitati a deviare i corsi d'acqua che prima si gettavano nelle lagune veneziane. Avevano anche allontanato verso l'est, con canali artificiali, le bocche del Sile e del Piave, a fine di garantire il porto del Lido dalla dannosa vicinanza delle alluvioni fluviali. Avevano anche agitato l'immenso progetto di ricevere tutti i fiumi alpini, dall'Isonzo al Brenta, ili un grande canale di circonvallazione, che avrebbe riversata la massa intiera delle acque e dei detriti che trascinavano molto a sud delle lagune. Ma questo piano gigantesco non potè essere realizzato. I materiali di alluvione portati dalle correnti del litorale otturarono il porto del Lido e, dalla fine del secolo XV, si dovette abbandonarlo e trasportare a 12 chilometri più a sud, alla bocca di Malamoceo, il porto militare di Venezia. Per proteggerlo contro l'ingombro