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l'arte Prima — Alta Italia
quando viaggiava in quei paesi, muovere ad incontrarlo fuori della città insieme al clero ed ai magistrati onde rendergli onori pressoché sovrani. Quando il patriarca di Grado entrava 111 Fola il vescovo di quella città gli rimetteva, in segno di soggezione, le chiavi della chiesa, del Vescovado e della città. Nei Concilii in Roma i patriarchi sedevano alla destra del papa; ma quello di Grado, essendo riputato il primo dei metropoliti occidentali, sedeva subito dappresso al pontefice. La Mensa patriarcale di Grado possedeva rendite, fetidi in Romagna, in Dalmazia, nell'Istria ed altrove.
Mentre era già metropolita dei vescovi della laguna il patriarca di Grado, le popolazioni di Rialto, dell'Olivolo e delle altre isole nelle quali andava formandosi la città di Venezia, erano Spiritualmente dipendenti dal vescovo di Malamoceo. Il rapido sviluppo della città fece sì che fu trovato necessario dagli abitanti di Rialto e di Olivolo di riunire alle due isole principali le altre tre contigue, cioè Rialto, Luprio e Dorsoduro: ciò fra il 774 e il 777. Ma agli abitanti di un nucleo già così cospicuo parve disdicevole per molte ragioni il dover dipendere, per la giurisdizione ecclesiastica, da Malamoceo; per il che il doge Maurizio Galbajo, per assecondare il desiderio popolare, si rivolse al papa Adriano I, dal quale ottenne che al nuovo vescovo residente 111 Olivolo fosse soggetta la popolazione della crescente città, salva sempre la soggezione al patriarca di Grado. Primo vescovo di Olivolo fu Obelerio, figlio di Enozio tribuno di Malamoceo, consacrato da Giovanni patriarca di Grado, e dotato dal doge di ricchi benefizi. Obelerio tenne la cattedra di Olivolo con plauso generale, per il suo senno e le sue virtù, dai 18 ai 23 anni. Alla sua morte il doge Giovanni Galbajo ed altri suoi partitanti fecero eleggere a questa carica un Cristoforo, greco, di soli 22 anni, loro favorito, che oltre a non dare alcuna guarentigia di sè, era anche in voce di scismatico. Il patriarca Giovanni di Grado si rifiutò di consacrare il nuovo vescovo e pronunciò contro di lui la scomunica, giudicandone la elezione contraria ai canoni ed irrita. Il doge Galbajo, credendo offesa la propria dignità da tale rifiuto e menomati il suo prestigio, mandò sicari a Grado ad impadronirsi del patriarca, che quei manigoldi poi precipitarono da una torre. Il popolo, indignato per questo assassinio, si levò contro i due fratelli Galbajo, che dovettero fuggire in esilio, perdendo insieme all'altissima carica, ogni loro bene.
Non seguiremo dopo un tale inizio la cronologia dei vescovi Olivolensi, titolo che nell'anno 1091, durante il Vescovado di Enrico Contarmi, figlio del doge Domenico, fu abbandonato per prendere quello di vescovi di Castello, salvo sempre a Grado le prerogative metropolitiche. La serie dei vescovi Castellani durò fino alla metà del secolo XV. Nel 14-51, morto il patriarca di Grado, Domenico Micheli, eletto qualche anno prima, il pontefice Nicolò V, cedendo alle istanze reiterate del governo, allora già potentissimo, della Repubblica di Venezia, consentì alla soppressione della cattedra di Castello ed alla traslazione della dignità patriarcale gradense alla cattedra di Castello di Venezia. I motivi coi quali Nicolò V dà, nella apposita Bolla, ragione di questo mutamento sono: la splendida dignità della Repubblica e le forze del dominio suo; la moltitudine e la coltura del popolo; la particolare e costante ossequenza dei Veneziani alla sede apostolica ; l'essere Grado un diritto temporale già dominio della Repubblica stessa. La Bolla di Nicolò V conferì al vescovo castellano di Venezia la dignità ed il titolo di patriarca, con tutte le insegne e prerogative ili perpetuo, insieme a tutte le dignità, prebende, benefizi, diritti, emolumenti, beni immobili e mobili spettanti al patriarcato di Grado e facendone una sola diocesi e provincia, in conseguenza di che la chiesa di Grado doveva amministrarsi da uno 0 due 0 più preti dipendenti dal patriarca di Venezia.
Ai patriarchi di Grado prima e di Venezia poscia competeva inoltre il titolo di Primate della Dalmazia: titolo che non era, come ora, semplicemente decorativo, ma che conferiva una vera ed efficace autorità. Anticamente la città di Zara era