CJC3
l'arte Prima — Alta Italia
storici e taluno afferma che l'antica chiesa di San Teodoro non fu menomamente toccata per dar luogo a quella dell' Evangelista. Non pertanto vi è ragione di credere che l'antica chiesa di San Teodoro, sorgente attigna all' antico palazzo Dogale, fosse demolita e clic la nuova chiesa sorgesse in gran parte sopra la sua area. 11 vescovo Orso Eraclense pose la prima pietra del nuovo edifìzio, compiuto in poco più d'un anno sotto il dogado di Giovanni Partccipazio. Prima ancora che il nuovo tempio fosse ultimato il corpo dell'Evangelista, chiuso in un'arca ili bronzo, dalla cappella dogale venne quivi trasportato e murato entro un pilastro, affidando il segreto di questo fatto soltanto al primicerio della chiesa, al procuratore, al vescovo, perchè lo trasmettessero poi con giuramento di dogado in dogado pel timore che le reliquie — causa allora di grandi gelosie — potessero essere trafugate.
Nell'anno 976, sollevatosi il popolo veneziano contro il doge Pier Candiano IV, uomo rotlo ad ogni mala arte, vizioso, ambizioso, crudele, violatore primo delle leggi e dei giuramenti fatti assumendo il dogado, ne avvenne che il palazzo Dogale e l'attiguo tempio caddero in preda alle fiamme di uno spaventoso incendio clic avvolse più ili 300 case, giacenti fra lo spazio che si estende ira la basilica di San Marco e la chiesa di Santa Maria Zobenigo. 11 Candiano, il figlino! suo e molti dei loro partitanti furono uccisi ed i loro cadaveri gettati a ludibrio del popolo nel pubblico macello.
Si è molto discusso dagli eruditi che illustrarono la augusta basilica marxiana, quale ora la vediamo, se la chiesa fatta erigere da Giustiniani e Giovanni Par-tecipazio, andasse o no completamente distrutta da quell'incendio ; ma pensando che quell'edilizio, nella parte superiore in ispecie, era in legno, c'è da tenere valida l'asserzione di Andrea Dandolo (che fu poi doge) e di Pier Giustiniano, cronisti ilei più autorevoli, che danno il tempio dei Partecipazio, in quella triste congiuntura, pressoché interamente distrutto.
Comunque sta il fatto, che al doge Pietro Discolo I — dipoi beatificato — va la gloria di avere, nell'anno 977, iniziata la fabbrica, della quale venne in processo di tempo la meraviglia che tutto il mondo ammira ed invidia a Venezia. A quest'opera grandiosa — prima di ritirarsi monaco in Aquitania — egli consacrò tutte le sue ricchezze ; chiamò a consulto e ad operarvi i più famosi architetti e maestri che fossero allora in Italia (Comacini) ed a Costantinopoli e dalle navi e dai mercatanti veneti fece fare incetta dei marmi più preziosi che si trovavano in Oriente onde adibirli alla grandiosa opera.
Sotto il dogado di Domenico Contarmi, tra il 1043 ed il 1071 — secondo l'asserzione del Dandolo — la fabbrica fu, nel suo complesso, condotta a tenniiie nelle proporzioni e nella struttura che ora si vedono. Il doge Domenico Selvo, successore al Contarini e continuatore della sua opera, provvide all'abbellimento dell'edilizio, facendolo incrostare ili meravigliosi musaici — lavori di maestri bisantini traenti l'arte loro specialissima dagli insegnamenti e dalle tradizioni
degli antichissimi Calogeri del morite Athos — e di marmi preziosi e di scolture portate da ogni parte d'Oriente.
Una cronaca riportata dal Cicognara nella ponderosa sua Storia della scoltura, dice al proposito : Dome-nego Selva, doxe XXXI, comenzù a far lavorur de mosaico la Gesta de San Marco et mandò in diverse parti per trovar malmori et altre homrevol picre et mistri, per far così grand'ovra e meravigliosa, che prima giera de purè, zuè. de legname come apare auruo in dì.
La facilità di aver tante pietre e marmi svariati e preziosi venne dalla estesa navigazione ohe i Veneziani avevano in Levante particolarmente, ove le navi mercantili o le galee da guerra se le procacciavano, traen-dole dalle cave, o meglio ancora dagli avanzi di antichi illustri edilìzi allora ancora in piedi. Un'apposita legge stabiliva che nessun legno potesse tornare dal Levante senza portar seco marmi e pietre line, da concorrere all'abbellimento della basilica. Un'inscrizione nel barbaro latino del tempo descrive queste ricchezze col distico seguente :
In tortis, auro, forma, specie latiulnrum
Hoc templum Marci fore di iecus Ecclesiarum.
Non meno barbara è pur quest'altra epigrafe che si trovava noi vestibolo, andata perduta, ma conservata dagli storici, ricordante l'epoca nella quale l'edilìzio fu compiuto :
Anno milleno [vantarlo bisque trìccno Desupli uniecimo fuìt facta primo.
Sull'epoca della consacrazione della basilica sono del pari discordi gli autori che della materia trattarono. Gli uni mettono questa cerimonia nel 1083, altri nel 1084, altri infine, e con maggiore probabilità, nel 1094 sotto il dogado di Vitale Falier, nello stesso giorno nel quale fu segretamente deposta sotto l'altare la cassa bronzea contenente le reliquie dell'Evangelista miracolosamente salvate, perchè murate in un pilastro, come già si è detto. Anche sul segreto trasmissibile di dogado in dogado furono sollevati dubbi ; ma la cronaca di Andrea Dandolo, che fu doge, e quindi in grado di conoscere le cose, non consente dubbi in materia.
Oltre essere luogo adibito alle solennità religiose, alle quali ullicialmente prendevano parte ; magistrati della Repubblica, la basilica di San Marco fu per molto tempo il luogo ove si trattavano in assemblea gli affari della Repubblica, ove si discutevano e giuravano le leggi, uve si decideva della guerra e della pace, ove si ricevevano solennemente gli ambasciatori e gli altri personaggi cospicui. Essa diventò così la scuola, il museo, il pantheon del tempo a Venezia, il che spiega la stranezza, la diversità, l'infinità degli ornamenti di ogni genere, rito e costume ed epoca in essa collocati e clieifornirono e forniranno argomenta agli studi, alle illustrazioni, alle dotte disquisizioni di archeologi, di storici, litologi ed eruditi nostri e d'altri paesi.
Ciò che ormai è fatto acquisito alla storia sfata la leggenda pili volte corsa ed accreditata da alcuni poco