fifi IJarte Prima — Alta Italia
In questa navata 6 il famoso altare, della non meno famosa Madonna Nicopeja, attribuita a San Luca. L'ambulacro corrente sopra l'altare è sorretto da due grandi e belle colonne di marmo greco somigliante all'agata, le quali fanno l'ufficio di dividere, mediante parapetto d'agata sardonica di verde antico e due cancellate in bronzo, l'altare medesimo dal rimanente del tempio. Le quattro colonne che sostengono la tribuna, sotto la quale è l'altare, sono di marmo africano ; il frontone della mensa è di diaspro occidentale, il tabernacolo è in marmo con colonnette ed intarsii di bianco e nero e portello di bronzo. Dietro queste si conserva la tavola in legno di cedro sulla quale è dipinta una Madonna bisantina, attribuita, come s'è detto, a San Luca; fu presa dal doge Enrico Dandolo a Costantinopoli ed inviata a Venezia intorno al 1204. Questa immagine è chiusa in una ricchissima cornice d'argento smaltato e dorato, adorna di pietre preziose d'ogni genere: fu i-istaurata nel 1672.
Prossimo all'altare della Vergine Nicopeja e sotto il grande albero genealogico di Maria, 6 collocata la cappella di Sant'Isidoro, chiusa da una porta di bronzo. Fu eretta per volontà del doge Andrea Dandolo, nel 1355, onde collocarvi il corpo del martire Isidoro, portato ,n Venezia da Scio dal doge Domenico Michiel nel 1125. Le pareti sono incrostate di marmi orientali e nella parte superiore da antichi musaici di mediocre fattura, rappresentanti i fatti della vita del martire. L'altare è ricco di scolture e di marmi preziosi.
Procedendo sempre por la navata di destra trovasi la famosa cappella della Madonna dei Mascoli. Fu costrutta, come rilevasi dalla iscrizione sopra l'altare, sotto il dogado di Francesco Foscari. L'altare iu marmo, in istile gotico, a tre nicchie, è, pel lavoro di intaglio e di scoltura, pregevolissimo. Il Cicognara lo attribuisce alla scuola pisana ; ma molto più probabil-mente è opera di artefice lombardo. Le statue dalla quale è decorato sono dal Sansovino attribuite a Michele Giambone ; ma fu certo equivoco preso dal grande artista e valente descrittore di Venezia monumentale, nel quale fu confuso l'autore delle statue con quello dei musaici adornanti la cappella, i contorni dei quali furono iJeati appunto dal Giambono, scultore valente, le cui opere oggidì sono rare e che ha il merito di essere stato fra i primi ad abbandonare le maniere dei giotteschi, derivati dai Greci, per seguire i metodi più liberi e veri che condussero l'arte italiana alla maraviglia del Rinascimento. I musaici della cappella dei Mascoli sono, e per la invenzione dei soggetti e per la fattura, fra i più interessanti della basilica marciana.
Nel braccio sinistro, addossato al grande pilastro del presbiterio, è il pulpito od ambone, dal quale, per antichissima consuetudine, presentavasi al popolo il doge nuovo eletto. E sostenuto da nove colonne di marmo greco, ha forma ottagonale ed è chiuso da lastre di porfido.
All'arcata destra di chi osserva havvi dipinto un bassorilievo antichissimo rappresentante la Vergine e dappresso un dipinto, del pari antichissimo, raffigu-
rante VArcangelo Michele, In questo luogo è fama si rinvenissero — sotto il dogado di Vitale Faliero, il 25 giugno 1094 —la cassa contenente il corpo dì San Marco, della quale erasi perduta la traccia dopo l'incendio die la basilica dei Partecipazio aveva subito nella rivoluzione popolare contro il tirannico governo di Pietro Canditilo, La cronaca del Dandolo ed altra più antica di Zenone abate a San Nicolò del Lido attribuiscono a questa scoperta caratteri miracolosi e la Chiesa veneziana ne celebra la ricorrenza come una solennità.
Anche questo braccio della basilica e tutto rivestito al basso di marmo rosso e nella parte superiore, nella vòlta, nella cupola, da musaici pregevoli, dei Bianchini, del Vecchia, del Ceccato, del Fumiani, del Cibala e di altri fra i migliori della buona scuola tra il secolo XV ed il XVI.
Notevoli, per le eccellenti scolture del Rinascimento, dal Cicognara attribuite a Pietro Lombardo, sono gli altari dei Santi Jacopo e Paolo, eretti nel 1462 e nel 1471 per volontà del doge Cristoforo Mauro.
Anche la navata sinistra — di chi si diparte dal presbiterio — come le altre tutte, è ricca di marmi e di musaici dovuti al Vecchia, al Ceccato, al Passerini e ad altri, che si eseguirono su cartoni di Domenico Tintoretto e dell'Alvise. La vasca dell'acqua lustrale, che si trova presso lo sbocco dì questa navata verso la porta, è una gran conca di porfido poggiata sopra un'ara antica, forse dedicata a Nettuno, come potrebbe dedursi dalle scolture di scalpello greco ad attributi marini da cui è ornata (fìg. 10).
Non vanno dimenticate, da chi voglia farsi concetto esatto e della munificenza complessiva della basilica Marciana e della varietà dei suoi elementi decorativi, la cappella del Battistero — anticamente dei Putti — dedicata al Precursore, ricca di marmi preziosi e di stupendi musaici, nella quale stettero a lungo un'antichissima cattedra di marmo, donata dall'imperatore Eracleo al patriarca di Grado, ora collocata nel Tesoro, ed il sarcofago del buono e dotto doge Andrea Dandolo; nò la cappella Zeno, con stupendi musaici lavorati tra il secolo XI ed il XIV, e dai quali appare evidente la progressione delle varie scuole, col sarcofago mirabile in bronzo del cardinale Zeno, condotto a termine da Pietro Lombardo per i modelli e da Zuanne delle Campane per il getto; nò infine l'edicola del Crocefisso, addossata alla terza colonnaa sinistra entrando, costrutta in marmi dei più rari, come il nero orientale, il pentelico, il verde antico, il granito fiorito, ardese ed altri. La palla che sul cupolino regge la croce è di agata corniciata, rarissima per le sue dimensioni, misurando il diametro di 31 centimetri. L'immagine del Crocefisso è dipinta su una tavola coperta da una lastra di vetro. È antichissima : in origine posava su un capitello sulla pubblica piazza.
Fu quivi portata nel 1290, ad espiazione dello sfregio fattole da un empio col vibrarle una pugnalata. La leggenda popolare aggiunse che dalla incisione pro-lotta sulla tavola di legno sprizzò sangue.