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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Venezia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografico-Editrice Torino, 1902, pagine 383

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   IJarte Prima — Alta Italia
   riceveva da ogni parte, da sovrani e da pillici pi, il numero di questi oggetti, fu d uopo ingrandire il fabbricato che doveva contenerli, e ciò avvenne — come dice l'epigrafe esterna — nel 1530, sotto il dogado di Andrea Gritti,
   L'attuale fabbrica del tesoro di San Marco constadi un vestibolo e di due sale-, una a destra e l'altra a sinistra. È un piccolo musco d'arte sacra antica, che forse, prima delle lamentate spogliazioni, pochi potevano gareggiare, nessuno superare.
   Al momento dell'occupazione francese il generale Baraguay d'IIilliers, comandante in capo delle truppe mandate da lionaparte, incaricò I.andrieux, specie di generale d'amministrazione e d intrigante, di fare un inventario del tesoro di San Marco. L'inventario fu fatto ed il Landneux calcolò che gli oggetti formanti questo tesoro e custoditi nell'apposito edifizio annesso alla basilica, compreso il corno dogale tempestato di gemme ed t paramenti per l'incoronazione del doge, che pure quivi custodivano, rappresentavano un valore di lire G.003.000. Una gran parte di questi oggetti — tra cui il corno ed i paramenti dogali — andò dispersa, o rubata nello stretto senso della parola, o mandata in Francia ad arricchire i musei di Parigi, o meglio ancora gli scrigni dei generali, dei commissari irancesi e delle loro mogli ed amanti. Attualmente molti degli oggetti, che prima del 1797 arricchivano il tesoro di San Marco, travasisi nel Brilish Musami di Londra, a Parigi, od in altre collezioni d'oggetti rari e preziosi, italiani e stranieri.
   L'enumerazione degli oggetti componenti il tesoro di San Marco, anche dopo le spogliazioni avvenute, non è cosa di poco momento, uè che richieggo breve spazio. Perciò ci limiteremo ad accennare alle cose principali, di valore storico od artistico, lasciando a chi volesse saperne di più la cura di ricorrere ai cataloghi che in materia non mancano. 11 tesoro di San Marco può considerarsi diviso in due sezioni : reliquie e reliquiari ed oggetti preziosi, rari, storici ed artistici.
   Dei reliquiari pei quali è più vivo l'interesse dei credenti, vanno ricordati: I. L'ampolla che fu detto contenere il sangue di Cristo, raccolto dalle ferite del costato. È di figura rotonda, lunga un pollice, legata in un vasello d'oro sul quale, sugli orli superiori, si legge un distico greco descriventeil contenuto dell'ampolla, il suggello è d'oro riccamente incastrato e reca un grosso e prezioso diaspro, sul quale da artefice greco fu scolpito in bassorilievo un Crocefisso ; fu portata a Venezia dal doge Enrico Dandolo dopo l'espugnazione di Costantinopoli. — 2. Reliquiario rotondu in oro cesellato (lavoropur esso bisantino) contenente altro sangue di Gesù Cristo ; non è accertato quando fu portato in Venezia. — 3. Reliquiario granile in argento doralo, -appresentante la Basilica di Santa Sofìa a Costantinopoli: lavoro pur questo bisantino. Vi è custodita un'ampolla contenente, dicesi, un pu' ili terra inzuppata dal sangue uscito miracolosamente, dalla ferita del costato d'un Crocefisso, esistente a Berito (Beyrut) dopo lo sfregio fattogli da alcuni infedeli. Il fatto
   sarebbe avvenuto nel 320. Fu questa una delle poche reliquie salvate nel disastroso incendio del 1230, ma quanto all'autenticazione della reliquia è molto discorde il parere degli eruditi e degli scrittori di cose saere che se ne occuparono. Una cosa che si può accertare è che questa, come il maggior numero delle altre reliquie conservate nel tesoro di San Marco, venne da Costantinopoli ove apparteneva alla basilica di Santa Solia. — 4. Reliquiario della Croce, contenente un pezzo del legno della Croce. È alto circa 30 centimetri ed il braccio trasversale è di 22. Porta su quattro bracci iscrizioni grcclic, clic ne spiegano il contenuto e ne fanno la storia. È custodito in una teca di oro massiccio col piede pure d'oro, lavorata da cesello Li-santino. Come dice l'iscrizione della croce questo reliquiario appartenne ad Irene Ducena, vedova dell'imperatore Alessio Comneno, che ritiratasi in un chiostro pei maltrattamenti del figlio Giovanni, venuta a morte la lasciò insieme ad altre cose preziose alla chiesa di Santa Sofìa. Queste reliquie, ritenute fra le più pregevoli, si conservano nella nicchia dell'altare del vestibolo. Vi sono poi altri reliquiarii di origine bisantina, di forma svariata, iti oro ed argento, lavorati a smalto, a cesello, a niello; tempestati di gemme e di perle, conlenenti altri dei presunti pezzi della Croce; ossa di santi e di martiri; spine della corona di Cristo; uno dei chiodi della Crocefissione; il coltello che servì al Salvatore per l'ultima cena; le fasce adoperate nel Presepio; un pezzo del sepolcro del Precursore; il linteo che servì all'ultima lavanda; tre dei sassi dai quali fu lapidato il protomartire Stefano ; un anello della catena del Precursore, allorché, per volere di Erodiade, era prigioniero dell'Antipa; il manoscritto del Vangelo di San Marco in latino, ritenuto per molto tempo il testo originale ; la cintura e la palma verginale della Madonna, ed una quantità di altre consimili cose, l'autenticazione delle quali oggidì più che difficile è impossibile, ina che provano la cieca e fervorosa fede dei nostri antichi e la versatile immaginazione dei Iiisantini nell'alimentaria di sempre nuovi soggetti di venerazione.
   Il tesoro di San Marco propriamente detto è una splendida raccolta di oggetti antichi artistici e preziosi e di carattere storico, aventi per lo più una qualche attinenza coi fasti della gloriosa Repubblica. Anche la enumerazione di questi oggetti forma la materia di un copioso catalogo, dal quale spigoleremo soltanto le cose più interessanti, per pregio artistico o per valore storico.
   Comineieremo dai due grandi candelabri d'argento durato, dono del doge Cristoforo Moro alla basilica, mirabile saggio di oreficeria del Rinascimento ; poi due altri candelabri in cristallo di rocca, con base triangolare d'argento cesellato e niellato; spada d'onore con cingolo di velluto ricamato in oro, regalata dal pontefice Alessandro Vili al doge Francesco Mo-rosini il Peloponnesiaco, in ricordo delle vittorie ripartati contro 1 Turchi in difesa della Cristianità; la croce d'argento, con parti di quarzo, lavorata da Paolo di