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La Patria. Geografia dell'Italia
Provincia di Pavia
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1896, pagine 302

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

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   Pavia
   statua dell'imperatore Antonino Pio: statua equestre iu bronzo doralo, e cosi ne scrisse il Terenzio. Jla più probabilmente, come già sostenne il Ro-bolini, ed iu questi giorni il Majocclii, essa era la statua ili Teodorico, della quale parlò già Agnello Ravennate e clic è accennata in alcuni degli llinerarii del più alto medioevo. Si vuole clic il monumento, nelle guerre dei Longobardi contro l'esarcato di Ravenna, fosse trasportato da Ravenna a Pavia. Il Petrarca, ai tempi del quale esso faceva bella mostra di sé, nella piazza situata davanti alla cattedrale, lo proclamava « un capolavoro dell'arte»; e si che al sommo cantore ili Laura erano famigliari i maggiori monumenti romani e di Roma, e della sua Toscana e della prediletta Provenza. All'epoca del famoso saccheggio ilalo a Pavia dalle truppe del Lautrec, la statua fu ila Odet de Foix fatta calare dal piedestallo e trasportata altrove Ristabilite le cose nel ducato, il duca Francesco 11 Sforza la restituì ai Pavesi, che la reclamavano, contro il pagamento di 500 scudi. Nel delirio, senza discernimento, clic coll'ondala rivoluzionaria invase le moltitudini contro tutto ciò che ricordava le antiche oppressioni, il monuménto fu abbattuto ( 17110) e l'atto a pezzi. Raccolti questi e depositati in Municipio, furono, sul principio di questo secolo, venduti ad un fabbro, e il ricavo lo si adoperò per la creazione del pubblico passeggio di piazza Castello.
   Questo monumento era detto dal popolino il lìrijinole, perchè ripercnteva bellissimo i raggi solari, e perché, dicono gli storici, a mezzo ili uno speciale ordigno seguiva, girando sul proprio asse, il moto del « ministro maggiore della natura ». Ma queste le sono supposizioni prive di fondamento. 11 nome le deriva dalla sua antica collocazione nel palazzo Reale, presso il solium rerjis.
   Le Cento Toni. — Com'è nolo, Pavia, dagli scrittori, poeti, storiografi, o semplici ornamen-latori di fatti o cronisti, del medioevo, era detta la città delle Cento Torri (Cenlum Turni/m). Non si può dire di certa scienza che tale precisamente fosse il numero delle torri che munivano l'antica città, quali a difesa, quali ad uso sacro, ed altre di puro ornamento ; havvi perfino chi asserisce, che tali torri fossero, nel secolo XVI, all'epoca del famoso saccheggio patito ad opera dei Francesi, 100 circa. Ma è leggenda pur questa da mettersi in quarantena. Certo è, che il numero di lab torri doveva fin d'allora costituire per Pavia una singolare eccezione, se hi un periodo' nel quale ogni angolo ili muro, ogni casa nobilesca, ogni edifizio pubblico era munito di torri, essa veniva per antonomasia chiamata la città delle Cenlo Torri.
   Il maggior numero delle torri pavesi fu atterrato nel periodo delle guerre comunali e delle interne discordie fra le famiglie patrizie parteg-
   giami o pei Guelfi o pei Ghibellini. Altre furono atterrate in occasione delle guerre perla successione al ducalo di Milano, tra lo scorcio del secolo XV ed il principio del secolo XVI; e principalmente in occasione del saccheggio dato dai Francesi alla città. Altre rovinarono per vecchiaia o furon disfatte per dar luogo ad edilìzi nuovi o per esserne il materiale utilizzato iu altre costruzioni.
   Fife'. 1. — Pavia: Torre di Severino Iioezio.
   La più celebre fra le tanti torri di Pavia era quella delta di Boezio (fig. 1), nella quale, secondo la leggenda popolare — anche in questo caso poco confortala da prove storiche — venne rinchiuso Severino Iioezio, già console, consigliere ed amico di Teodorico, primo re dei Goti, in Italia — un barbaro intelligente che avrebbe voluto romanizzare sé e la sua gente, pur conservando la supremazia sua e dei suoi sul debellalo inondo romano — quando per le insidie e le. cabale dei cortigiani, egli cadde in disgrazia del suo signore, incolpato (fors'anco a ragione) di aver meditato o lavorato al ristabilimento della repubblica o dell'impero romano. In quella torre Iioezio — sempre secondo la leggenda— avrebbe composto l'aureo suo libro : Consolazioni della /ìloso/ìa, uno degli ultimi bagliori della granilo civiltà romana prossima ad estinguersi nella cupa barbarie dei bassi tempi, dal secolo VI all'XI. Onesta torre, della quale rimangono stampe e disegni, sorgeva isolata in un piazzale, clic era