Provincia eli Cremona
3
provata dall'esistenza di fossili marini. Gli immensi coni di dejezione che questi fiumi formavano allo sbocco delle loro vallate, sempre più estendendosi ed allargandosi e giungendo a toccarsi l'uno coll'altro, riuscirono ad interrare il golfo — come lentamente si vanno interrando le lagune venete — ed a formare la grande piana alluvionale ora detta la Valle l'aduna, la quale, trenta secoli or sono, non era che un seguito di dense foreste e di vaste paludi, succedute al libero mare. Gli strati formanti il sottosuolo dì questa pianura, prodotti da cause svariate, constano principalmente di sabbie, di argille, di conglomerati e ghiaie.
* *
Se sotto l'aspetto orografico la provincia di Cremona è negativa, se la sua topografìa generale offre una varietà ed un interesse assai limitati, importantissima ò invece sotto il riguardo dell'idrografia lombarda la situazione di questo territorio.
La provincia di Cremona, che nella sua parte più alta, al confine con quella di Bergamo, di poco supera i 100 metri ili altitudine sul livello del mare, non è che un piano lievissimamente inclinato in direzione da nord-ovest a sud-est, compreso tra il Po, l'Adda e l'Oglio.
11 Po lia parte capitale nell'idrografia cremonese. Questo grande fiume italico, che scende dal Monviso nelle Alpi occidentali, dopo aver attraversato il Piemonte, tagliata in due sezioni la provincia di Pavia, segnato il confine tra la provincia di Milano e quella di Piacenza, dalla Bocca d'Adda sino a Roncadello, fronteggia tutta la parte meridionale della provincia di Cremona, dividendola da quelle di Piacenza e di Parma. In questo tratto del suo corso il Po, perduta, a valle della sua confluenza colla Sesia, la primitiva sua caratteristica di fiume a regime torrentizio, trasporta già verso il mare i cinque sesti delle acque del suo immenso bacino. Non uu solo ciottolo è da questo punto fino al mare trascinato dal Po e la sabbia del suo letto è ridotta a polvere finissima. Nessuna elevazione, neppure uu solo terrazzo di antichi terreni di trasporto si mostra sulle sue sponde. 11 fiume potrebbe stendersi liberamente per le campagne se non fosse trattenuto, a destra ed a sinistra, ove più facile gli sarebbe il dilagare e traboccare, da dighe od argini che — a dire del Iléclus — in Europa, dopo le dighe dell'Olanda, formano il sistema più completo e meglio inteso di baluardi difensori contro gli straripamenti dei fiumi. Questi argini, che formano la maraviglia dei tecnici e l'orgoglio delle popolazioni che li eressero, sono forse, nelle loro origini, le prime più granili opere idrauliche di cui si possa vantare l'antichità.
È probabile che dal tempo degli Etruschi, i ven colonizzatori e bonificatori di queste plagile, le rive del fiume fossero difese contro gli straripamenti e le inondazioni da consimili ripari. Lucano descrive gli argini padani come se esistessero da tempo immemorabile, come se fossero sempre esistiti. Durante il periodo delle invasioni barbariche, dell'incuria e dell'abbrutimento che ne seguirono nei bassi tempi, le popolazioni riveranee cessarono di sostenere contro le acque in piena — per la protezione dei loro campi e delle loro vite — una lotta che le guerre, le miserie morali e materiali, l'asservimento di ogni cosa, rendevano impossibile ed insostenibile. Solo dopo il IX secolo e più ancora coi primi albori dell'era comunale, le popolazioni rive-ranee ripiesero l'opera di ricostruzione degli argini rotti o travolti dalle replicate piene dei secoli passati. Nel 1480 il lavoro era completamente terminato, per quanto almeno può essere, terminata un'operazione consimile, alla quale ò necessaria una sorveglianza ed una manutenzione continua ed alla quale ogni anno, per i capricci e le violenze del fiume, bisogna introdurre varianti, apportare nuovi rinforzi e rettifiche.
Le dighe continue — argini e dugali come son dette dai riverasclii — cominciano al disopra di Cremona sulle due rive: la cremonese e la piacentina, poi la parmense. In tutti i luoghi pericolosi, di curve, di strozzamenti, nei quali la forza della corrente