Stai consultando: 'La Patria. Geografia dell'Italia Provincie di Cremona e Mantova', Gustavo Strafforello

   

Pagina (28/305)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina      Pagina


Pagina (28/305)       Pagina_Precedente Pagina_Successiva Indice Copertina




La Patria. Geografia dell'Italia
Provincie di Cremona e Mantova
Gustavo Strafforello
Unione Tipografica Editrice Torino, 1899, pagine 296

Digitalizzazione OCR e Pubblicazione
a cura di Federico Adamoli

Aderisci al progetto!

   
[Home Page]




[ Testo della pagina elaborato con OCR ]

   20 Parte Seconda
   e formano sopra la porta un fìneslrone ad arco, del quale l'architrave è la corda; a lui o ai suoi, come opera sincrona e comune, si ascrivono i leoni simbolici in marmo rosso di Verona, accovacciati, che sostengono le colonne, e tutto il simbolico vestibolo con arcata a sesto acuto, alla cui sommità stanno accovacciati altri quattro leoncini sorreggenti la loggia. « Quell'insieme, scrive il Mercurio, nella accurata sua Storia dei Maestri Comacini, attira, trattiene gradevolmente l'occhio del visitatore che si compiace e sente ammirazione per l'energico artista che si bene fece, prima che nascessero i Giotto, gli 0reagita e i Donatello, contemporaneo appena ad Andrea e Giovanni Pisani, al Margaritone, al Cimabne. Deve dirsi che il Porrata da Conio fu uno scultore ed architetto, e che quanto è diffuso nel Duomo e nel Battistero, di vecchio e di nuovo, di bello c brutto, di spirituale e di materiale, è un prodotto del pensiero e del lavoro dei « lombardi coinacini », i quali allora erano in assai buon numero in Cremona, addetti ai lavori per la fabbrica del Duomo, poiché, scrive il Grasselli nella sua Guida storico-sacra di Cremona: « nelle carte della fabbriceria del Duomo abbiamo trovato un istromento intitolalo Laborerio dell'anno 1289, rogalo al li 12 dicembre da Degohlo Malatesta, col quale frate Ubertino, massaro del laborerio della cattedrale, col consenso del I!. P. Cozzaconte vescovo di Cremona, pure massaro della fabbriceria, fece il contratto con Beninio c Guglielmo da Campione, per fare e lavorare la scala di pietra viva a settentrione verso il cantone di San Nicola, ecc. ecc. ». Onesta scala esiste ancora, ed esistono tuttavia alcune delle torrette, la costruzione delle quali era parte interessante del contratto. Ma questo non t' ciò che più importa: l'importante è di constatare, sullo scorcio del secolo XIII, attivo in Cremona un laborerio di Comacini. avenle origini forse parallele all'origine del Duomo, e la parie ch'esso ebbe nella costruzione dell'insigne monumento.
   Intorno al tempio crebbero, coll'andare degli anni, altre costruzioni che ne copersero in gran parte le fiancate e le absidi, con grande sfregio alla primitiva euritmia dell'edilizio: ma ora con provvida cura, mediante il concorso degli culi locali, del governo e di larghe oblazioni dei privali, si va d'anno in anno svestendo il monumento delle snperfetazioni, delle quali senza scrupolo nei secoli XVI e XVII principalmente venne coperto; ond'é a sperare che, fra qualche anno, esso potrà mostrarsi all'ammiratore, se non totalmente isolato, cerio libero dalle fabbriche che ne sconciavano le parli principali dell'esterno.
   L'interno del Duomo di Cremona è angusto, solenne. Condotto, siccome abbiamo sia detto, secondo il primitivo disegno in forma basilicale, la parie più importante di essa é pur sempre il
   — Alta Italia.
   piè di croce, a Ire ampie navate terminanti in abside.
   La navata di mezzo, maggiore dell'altra in tutte le sue dimensioni, ha la vòlta condotta a sesto aculo: prova questa, che in origine il tempio — come gli altri suoi coetanei — ebbe il tetto a capriate in legno, sostituilo poi dalla vòlta archiacuta sullo scorcio del secolo XIII o sul principio del XIV, quando tale maniera di costrurre gli archi era in gran voga. Nel fondo della navata, rialzati d'alcuni metri dal piano della chiesa, sonvi il coro, l'aliare maggiore ed il presbiterio, cinto ali interno da una balaustrata in marmo; dal presbiterio, scendendo per alcuni gradini, si accede alla cosidetta piazzetta o coro senatorio, luogo destinalo alla magistratura della città, allorché in forma pubblica interveniva alle funzioni : sotto questa parte della chiesa si apre poi la confessione o cripta, ricostruita ed abbellita nel 1G0G da Francesco de' Lorenzi, con disegno di Giovanni de Malojo. Quivi trovansi tombe in marmo di Carrara con eccellenti scolture, racchiudenti— secondo la tradizione costantemente serbata nel popolo cremonese — le spoglie dei santi Oniobono, Imerio, Marcellino e Pietro martire, protettori della citta ; e quelle dei martiri Ballila, Sempliciano, Arealdo, Archelao, dei vescovi Alberto, Gherardo e Fano, beatificati. Tali reliquie furono con pompa solenne collocate nella rinomata cripta l'8 giugno 1614- dal vescovo Giambattista da Brivio (fig. 3).
   Le navi laterali alla maggiore, o del pie di croce, sono a vòlte seinitonde a crociera; eie arcate girate in pieno centro sopra piloni vanno con severa eleganza a sostenere le loggie clic, secondo l'antico costume, servivano per le donne. La navata principale misura iu lunghezza HI. 1>>, pari ad antiche braccia milanesi 12o ed é larga m. 1-1.50; le navale laterali sono lunghe m. 60, larghe in. 8.30 ciascuna; cosicché la larghezza totale del piè di croce é di ni. 31.10.
   Le due navate formanti i bracci della croce sentono nella loro struttura tutta l'influenza del tempo nel quale furono costrutte, vale a dire lo scorcio del secolo Xill, quando anche in Italia trionfavano sopratutto i precetti dell'arte gotica. Hanno la lunghezza di circa 70 ili., e le facciate esterne di questi due bracci sono in mattoni a vivo con bellissima decorazione in terracotta: sono da annoverarsi fra le opere più riescite dell'arte gotico-lombarda del secolo XIII e del princìpio del XIV. Himarchevole specialmente la facciata del braccio sud, verso i) Vescovado, pressoché totalmente liberala dalle meschine fabbriche addossatevi nel secolo XVII, che la deturpavano. In questa facciala si veggono traccie di affreschi del trecento, guastati, perduti nelle deturpazioni cui andò soggetto l'edilizio per le suddette fabbriche, dovute all'esoso utilitarismo del scc. X\ li (fig. 4).