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Parte Seconda — Alta Italia.
perizia, e ponno gareggiare coi migliori affreschi Jet tempo, che pure fu il secolo d'oro dei frescanti. Il Pordenone ha in quest'opera spiegata tutta la sua valentia, e l'occhio esercitato del conoscitore sta incerto se debba dare maggiore pregio a questi tre dipinti od a quello di colossale
Kig. 5. — Cremona (Duomo): I! Pulpito (da fotogr. fonili,ina).
dimensione del ('uliario sopra la porta maggiore, del quale abbiamo già detto. Il Pordenone (Giovanni Antonio Licinio da Cort ice Hi, detto anche da taluno il lìcgillo) lavorava a questi dipinti intorno all'anno 1520, trovandosi in quel periodo il suo nome annotato nei libri della fabbriceria. Durante l'occupazione francese del 1700 in Cremona, si tentò di asportare il grande affresco della Croce fissione, per mandarlo come d'uso a Parigi: ma per le difficoltà che la straordinaria ampiezza del quadro presentava, l'impresa fu, e fortunatamente, sconsigliata ed abbandonata. Sotto questo quadro, dalla partedestra di chi entra a incontra della impressionante De-
posizione dalla croce dello stesso Pordenone, si ammira, alquanto deteriorata, una bella Iìi-surrezione di Bernardino Gatti, detto il Sojaro, cremonese ed allievo fra i più riusciti del Correggio, della maniera del quale molto serbò nei principali suoi lavori.
Nelle pareti sopra il fregio descritto, clic gira intorno al tempio, nella vòlta di esso e negli istoriati Alessandro Panipiirino nel 1511 e Bernardino Ricca o Biccò, ambedue cremonesi, nel 1512 e 13, diedero compimento alle decorazioni con fregi, allegorie, allacciamenti ed ornati assai ingegnosi e di buon gnslo che, ritoccati e guasti come al solilo nel secolo barocco, vennero restaurati e ripuliti nel secolo scoi so a cura del pittore Angelo lìorroni. La vòlta venne scompartita in cassettoni decorati da rosoni intagliati e dorati entro lacunari a fondo azzurro, il che .là al tempio aspetto di grande sontuosità.
.Nei senii-peiiiiari hi di ciascuna arcala sono dipinto con molla vivacità ili colorito e. spigliatezza di disegno le ligure dei Profeti in alto di presentarsi fuori colla testa e le braccia da alcuni spazi rotondi, tenendo fra le mani cartelle con molti allusivi delle loro profezie: queste ligure, vera melile pregevoli, furono per molto tempo attribuite al cremonese Antonio Campi ed al Pordenone. .Ma il dotto Manini. nelle sue Memorie storiche della città di Cremona, mediante pazienti indagini praticale nell'archivio capitolare, potò accertare essere quelle vigorose ligure opera dei pittori Vincenzo Campi, Cristoforo da Piz-zi^licttone e Francesco Somcnzo, tutti cremonesi o della diocesi.
Cosa pregevolissima nella navata maggiore del Duomo, che più lo si studia più assurge a gloria di monumcntoartislico importante, sono i «lue pulpiti in marmo di Carrara (lig. 5) con finissime scoi tu re del lìinasci-inento, nelle quali si rivela senz'altro la mano di un grande maestro. Questi fu, nientemeno, clic Giovanni Antonio Amadeo, coinacino, il cui nome è legato con gloria imperitura al Duomo ed alla Certosa di Pavia, al Duomo di Milano, alla cappella Colleoni di Bergamo. In origine quelle seoltnrc facevano parte del mausoleo, racchiudente le spoglie dei martiri .Mario e Marta e ilei loro figli Amlipone ed Abaco, che veneravansi nella soppressa chiesa di San Lorenzo dei monaci Olivetani in Cremona e constano ili otto tavolo